"Ad Astra", film in concorso alla 76^ Mostra Internazionale di Arte Cinematografica, diretto da James Gray, in cui Brad Pitt è interprete e produttore, è tra i titoli di spicco della seconda giornata del Festival veneziano aggiudicandosi applausi convinti da parte del pubblico fin dalle prime proiezioni del 29 agosto.

Il divo americano, che si è presentato al Lido di Venezia sfoggiando uno stile particolarmente sobrio in jeans, maglietta e cappellino (suscitando comunque la diffusa acclamazione dei fans), ha riproposto i caratteri del suo personaggio, un astronauta in missione nello spazio abituato a concentrarsi sull'essenziale e a lasciare da parte le distrazioni.

La trama del film ha gli ingredienti del dramma sentimentale e la distanza siderale dalla terra amplia la lente d'ingrandimento sulle relazioni umane, come in fondo accadeva in "Vi presento Joe Black" di Martin Brest in cui Pitt impersonava la morte in grado di traghettare il coprotagonista Anthony Hopkins verso un oltre che illumina la vita. In "Ad Astra", come ha testualmente dichiarato il regista James Gray "Storia e mito si fondono nel microcosmo del personale" e Brad Pitt nei panni del cosmonauta Roy Mcbride raggiunge i confini del sistema solare alla ricerca del padre, scienziato disperso fra le stelle in un volo spaziale di trent'anni prima.

Divoratori di mondi che sfidano il limite

Gli esseri umani in "Ad Astra" sono rappresentati fra laceranti contrasti: istinto di sopraffazione ed insopprimibile bisogno di conoscenza che scagliano nel pericoloso dominio dei mondi.

Il compito di Mcbride è quello di distruggere le acquisizioni del fantomatico "Progetto Lima" che minaccia l'umanità, ma ben presto violenza e cospirazioni agiteranno brutalmente la navicella spaziale e ciò che rimarrà è il ritaglio dell'eroismo del protagonista immerso in una solitudine radicale. L'isolamento diviene lo specchio del sé nell'ispirazione costante di un collegamento con l'umano che rende ciò che costituisce "relationship" non solo un elemento nostalgico, ma soprattutto un dato antropologico qualificante l'essere uomo o donna sul pianeta terra.

Brave anche le due attrici Ruth Negga e Liv Tyler che incarnano il filamento di sentimenti il cui ricordo sopravvive nello spazio. "Ad Astra" non si inzuppa, però, nel sentimentalismo ma mostra una vocazione ancestrale intessuta nelle emozioni e nelle rifrazioni di un "io" ed un "tu" che s'incontrano, come fra padre e figlio, e colmano il bisogno di rispondere alle domande fondamentali sull'essere: chi siamo e dove andiamo.

Brad Pitt non ha lesinato, inoltre, le spiegazioni sul ruolo dell'attore: "Un buon interprete - ha affermato - è vero, conosce le maschere di cui tutti portiamo il segno per ferite e sofferenze che iniziano con l'infanzia ed elevano barriere. Rappresentare delle scene, raccontare delle storie significa far emergere questo limbo interiore in modo spontaneo ed autentico per risultare credibili".

Non ha risposto, invece, a chi gli chiedeva come ci si senta nel ruolo di un "sex symbol" riconosciuto fin dai decenni scorsi da riviste come Empire: ha glissato gentilmente sornione abbassando la tesa del cappellino.