Tra le realtà di divulgazione più importanti nel panorama dei social italiani figura la community di 'Chi ha paura del buio', in cui si trattano temi legati all'astronomia, alla fisica e al mondo della scienza in generale.
Filippo Bonaventura, uno dei suoi curatori, ha rilasciato a Blasting News Italia una lunga intervista nella quale racconta il lavoro di divulgazione scientifica e presenta il libro recentemente uscito 'L'Universo su misura', scritto con gli altri curatori della community Lorenzo Colombo e Matteo Miluzio.
'La scienza è graduale, non granitica'
Dal 2013 gestisci la pagina ‘Chi ha paura del buio’, che conta 321 mila follower su Facebook e più di 62 mila su Instagram. Trattate argomenti legati all’astronomia, alla fisica e ad altre discipline puramente scientifiche. Quanto è complicato, a livello comunicativo, adattare argomenti complessi a un ambiente social?
"Trattare questi argomenti sui social non è più complicato che trattarli su qualsiasi altra piattaforma. Da parte del pubblico c’è una grande richiesta perché sono argomenti che esercitano, in ciascuno di noi, una fascinazione quasi innata. Il punto è come tratti queste tematiche: se tu ti limiti a semplificare le nozioni complicate e imboccarle alla gente, allora non farai tanta strada.
La gente ha bisogno di sentirsi coinvolta. È necessario creare coinvolgimento ed interesse, mettendo le nozioni in una nuova prospettiva che sia in grado di dare alle persone qualcosa che prima non avevano. La parte difficile non è la semplificazione, ma la creazione dell’engagement".
Secondo te c’è una sorta di pregiudizio per cui un argomento scientifico viene visto subito come complicato e, dunque, per pochi?
Ciò ostacola il lavoro di coinvolgimento?
"Secondo me la visione della Scienza come un qualcosa di elitario è un po’ obsoleta. Oggi il mondo scientifico ha un fortissimo impatto su tutti gli ambiti della società, dalla medicina alla tecnologia. Noi, quando vogliamo interpretare il mondo, non possiamo più prescindere da una comprensione scientifica di base.
La scienza non è più una cosa elitaria: la fanno in pochi ma tutti noi ne dobbiamo comprendere almeno i meccanismi di base. Dai vaccini ai cambiamenti climatici, la scienza c’è: senza ci troveremmo disorientati dentro una società che non comprenderemmo. Noi divulgatori scientifici dobbiamo impostare e moderare un dibattito pubblico intorno a quei temi scientifici che più impattano la società".
Mi riallaccio a questo ultimo spunto, che penso sia molto attuale per esempio con il tema dei vaccini…
"Tutto l’esempio della pandemia ha reso palese il bisogno di figure in grado di comunicare la scienza bene e in modo professionale. L’errore è stato quello di non aver comunicato bene l’incertezza: la scienza è graduale, non è granitica.
Non è una serie di verità scandite nella pietra, ma è un qualcosa che progredisce nel tempo. Questa complessità non è stata comunicata ed è sfuggito il concetto secondo il quale la conoscenza scientifica è un qualcosa in divenire. Ma questo è accaduto anche con altri temi, come il riscaldamento globale o la crisi climatica. Sono argomenti difficili da divulgare in quanto è difficile gestire le reazioni che queste informazioni provocano sulle persone".
'In Italia è impossibile fare divulgazione in tv'
La buona divulgazione è un po’ la missione della vostra pagina ‘Chi ha paura del buio’. Nella descrizione, infatti, spiegate che il ‘buio’ è la metafora dell’ignoranza scientifica. Quest’ultima va intesa nel senso più puro del termine, come la consapevolezza del non sapere.
Secondo voi questo ‘buio’ è aumentato o diminuito negli ultimi anni?
"Ha cambiato forma. L’avvento dei social ha portato a nuove dinamiche comunicative che hanno stravolto i precedenti equilibri. I social, per esempio, hanno portato a un aumento di tutti i negazionismi ed estremismi. Le cosiddette echo chamber, grazie alle quali chi aveva queste convinzioni ha avuto modo di coltivarle e convincere anche altre persone. In questo senso internet è un’arma a doppio taglio: da un lato permette a chiunque un accesso semplice alle informazioni, ma dall’altro permette anche la creazione di queste bolle pericolose ed estremamente difficili da combattere. Noi ci proviamo ma è quasi una battaglia persa, un po’ come cercare di svuotare il mare con un secchiello.
Tieni conto, poi, che l’ignoranza è fisiologica: anche se uno è esperto in qualcosa, rimane comunque ignorante sul 99% degli argomenti. Giovanni Falcone diceva che il coraggio non consiste nella mancanza di paura ma, invece, è l’avere paura avendo comunque la forza di andare avanti. Una cosa del genere si può applicare anche alla divulgazione: la scienza non è mancanza di ignoranza ma è la gestione di essa, lavorando per ridurla sempre di più. Chi fa divulgazione può guidare le persone ma non può pretendere di dare verità assolute".
Tornando alla vostra attività social, come selezionate gli argomenti di cui parlare? Quali sono gli argomenti che riscuotono maggior successo?
"È una domanda complicata perché i social hanno, come caratteristica principale, la possibilità di interagire in tempo reale con il pubblico.
Da un lato cerchi di fare quello che i follower gradiscono, ma dall’altro il pubblico gradisce quello che tu proponi. Alla fine non siamo né noi e né il pubblico a decidere di che cosa parla la pagina: è uno scambio continuo, dove a farla da padrona è la qualità".
Secondo te, in Italia, ci sono troppi pochi spazi per parlare di scienza? Mi riferisco, ad esempio, alla televisione, che è il media che riesce a raggiungere più pubblico…
"Qui c’è un paradosso tutto italiano: il media più autorevole è la tv, ma fare qui della divulgazione è impossibile. C’è un sostanziale monopolio degli Angela per cui qualsiasi progetto di divulgazione viene bocciato. Nonostante questo, comunque, c’è un sottobosco in cui la divulgazione scientifica sta fiorendo.
Ci sono i social, i Libri, i festival e gli eventi dal vivo. Penso che in Italia non ci siano mai stati così tanti divulgatori come oggi. Il cambio generazionale c’è stato: quello che manca è la consacrazione definitiva".
'Nel nuovo libro c'è il senso di gratitudine per vivere in un Universo benevolo per la vita'
A maggio 2020 avete scelto di allargare i confini del vostro lavoro di divulgazione pubblicando in libreria il vostro primo libro dal titolo ‘Se tutte le stelle venissero giù’. Qui passate in rassegna una serie di domande che “non fanno dormire la notte”. Ci fai un esempio di una di queste domande?
"Siamo molto soddisfatti di quel libro: è stata la nostra prima uscita fuori dai social ed è andato benissimo.
La peculiarità è che è formato da tanti capitoli, ognuno dei quali risponde a una domanda abbastanza assurda affrontandola comunque con tutto il rigore scientifico. Uno dei quesiti è il seguente: cosa succederebbe se provassimo a spegnere il Sole con una gigantesca secchiata d’acqua? Ovviamente è uno scenario assurdo, ma in realtà nel libro mostriamo che anche le domande più strampalate possono insegnare molto. Una persona potrebbe aspettarsi che l'acqua possa riuscire a spegnere il Sole. Quest’ultimo, in realtà, non è una palla di fuoco e per questo la secchiata lo renderebbe ancora più caldo. È un libro che gioca molto con la curiosità. Tutti gli scenari sono comunque apocalittici e portano all’estinzione umana."
Come mai tutte le domande seguono questo filone apocalittico?
"È stata una richiesta dell’editore per rendere il libro un po’ più vivace e interessante. Quello che ci ha stupito è stata la facilità nel trovare possibili scenari in cui noi, alla fine, ci estinguiamo. Qualunque cambiamento tu faccia nel sistema solare o nel pianeta Terra (anche se di piccola entità) porta alla nostra estinzione. Ciò porta un po’ alla morale che, nonostante non venga mai esplicitata, si evidenzia con facilità leggendo il libro: siamo molto fortunati a trovarci in un posto così confortevole come il nostro universo. Questo tema lo abbiamo poi ripreso con il nostro secondo libro".
La considerazione finale del primo libro diviene, dunque, lo spunto iniziale del secondo. Quest’ultimo si intitola ‘L’Universo su misura’ ed è uscito il 1° giugno.
Cosa troverà il lettore leggendo questo libro?
"Se un lettore ha già letto il primo libro riuscirà a trovare anche nel secondo il senso di gratitudine per vivere in un Universo così improbabilmente benevolo per la vita. Questo principio è il cosiddetto principio antropico ed esiste da mezzo secolo. Se noi guardiamo le costanti fisiche che strutturano l’Universo scopriamo che tali valori sono bilanciati in un modo estremamente preciso per permettere lo sviluppo della vita intelligente ed autocosciente. Facciamo un esempio: nell’Universo c’è la gravità. La forza dell’interazione gravitazionale viene espressa con un numerino, ovvero una costante che ci dice quanto la gravità sia intensa. In qualche modo l’Universo è nato con questo e altri valori associati alle costanti fisiche fondamentali, così come io sono nato con i capelli neri.
Questo, secondo noi, è uno degli argomenti più interessanti di cui parlare. Il lettore che si approccia a questo libro ritroverà, poi, anche gli scenari apocalittici. Nel corso della trattazione, infatti, proviamo a modificare i valori delle costanti per vedere cosa avverrebbe nella Terra".
Avete annunciato, nelle scorse ore, degli eventi con il pubblico previsti per l’estate.
"Porteremo in giro per l’Italia due spettacoli. Il primo si basa su ‘L’Universo su misura’ e consisterà in una trattazione teatrale molto emozionante. Il secondo, invece, parla del lungo viaggio delle voyager, che hanno esplorato tutto il sistema solare per poi uscire nello spazio interstellare. Sono previste, poi, delle date per presentare il libro. Nella nostra pagina Facebook e Instagram troverete tutte le indicazioni: al momento stiamo annunciando gli appuntamenti di luglio. Il 7 saremo a Milano, dal 9 all’11 a Roma (con il 10 che sarà la data clou, in quanto presenteremo le voyager in teatro). Poi saremo a Cagliari per presentare il libro, in Puglia con lo spettacolo sull’Universo su misura e, a fine mese, a Padova e a Rovigo con entrambi gli spettacoli. Non vediamo l’ora di rivedere quanta gente più possibile. La parte più bella nel fare divulgazione è incontrare in carne e ossa il proprio pubblico".