Scritto e ideato da Claudio Cabona, La Nuova Scuola Genovese è il docufilm che analizza il legame tra i grandi cantautori del passato come Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Luigi Tenco e le nuove promesse del Rap genovese che dominano le classifiche italiane. Al Cinema nelle sale di tutta Italia il 3 e 4 maggio.

I protagonista de La Nuova Scuola Genovese

Bresh dialoga con Cristiano De André nella sala della Fondazione De Andrè, Izi chiacchiera con Dori Ghezzi, Tedua si confronta con Gino Paoli. Presenti anche Giua, Vaz Tè, Nader, Guesan, Disme, Demo, Cromo tra le nuove leve e Vittorio De Scalzi, Max Manfredi, Federico Sirianni, Gian Piero Alloisio, Gian Franco Reverberi.

Alla fine, anche la testimonianza di Marracash e Ivano Fossati, che offrono la loro interpretazione sulle forme e sui significati di questi stili e sul rapporto generale tra i due linguaggi. Ma il documentario introduce anche tanti nuovi volti e voci delle nuove promesse del panorama musicale ligure come Young Slash, Cromo, Olly, Gorka, Eight. Il docufilm è musicato da Pivio e Aldo De Scalzi in collaborazione con il produttore Chris Nolan, con una colonna sonora in grado di unire anch’essa presente e passato. Ma a far da protagonista è anche il capoluogo ligure con i suoi scorci, i suoi carruggi, le chiese, i panorami mozzafiato, il mare e il contrasto tra la magnificenza dell’architettura barocca e il degrado dei palazzi dei quartieri popolari.

L’importanza delle radici e del dialogo

Nel documentario diretto da Yuri Dellacasa e Paolo Fossati e prodotto da Gagarin Film si alternano le voci degli artisti della nuova e della vecchia “guardia genovese”. È un incontro, un dialogo tra due diverse generazioni, apparentemente così lontane, ma legate da tanti denominatori comuni.

Primo su tutti Genova: una città profonda e difficile, un porto e una porta, secondo la radice etimologica spiegata da Tedua, e una città a sorpresa, come la definisce Gino Paoli. Ma il fil rouge che unisce le due correnti è molto di più: il bisogno di esprimersi attraverso un linguaggio nuovo, la voglia di rivalsa e di riscatto sociale, la pretesa di poter cambiare il mondo e il bisogno di crescere e autoaffermarsi, il tutto sancito da un senso di appartenenza e di consapevolezza di sé.

E se Francesco Guccini in un’intervista aveva dichiarato che “Non penso esistano realmente la scuola genovese, quella romana, quella bolognese o quella napoletana. Esistono le città: Genova, Roma, Bologna e Napoli. Chi ne è figlio, ieri come oggi, ha un modo di scrivere canzoni diverso, perché si tratta di luoghi unici”, è innegabile come tutti i fili di questa matassa partano da un capo comune.

Le analogie tra cantautorato e rap

Già nel 2018 Tedua, in un’intervista a Radio Italia, aveva lanciato una provocazione: “Se Fabrizio De André fosse nato oggi sarebbe un rapper”. Ne La Nuova Scuola Genovese Gian Piero Alloisio conferma questa tesi, visto che “I cantautori cantavano gli emarginati proprio come fa il rap oggi”.

E la questione viene riproposta anche nel dialogo tra Izi e Dori Ghezzi nella casa della storica compagna del cantautore ligure. “Fabrizio di sicuro vi avrebbe capiti. Il modo di sentire era ed è lo stesso” afferma con sicurezza la cantante. Come emerge dalle diverse testimonianze, entrambe le correnti offrono la possibilità di raccontarsi, di arricchirsi con parole povere, di alimentare e al tempo stesso contenere il proprio ego, di ricercare la realtà. Sono canzoni di rottura, caratterizzate da un linguaggio volgare e comune e da una sperimentazione musicale sempre all’avanguardia. Sia Cristiano De André che Bresh credono nell’importanza del prendere spunto da altri, che non significa rubare ma ispirarsi.

Ma il ponte di collegamento non è soltanto nelle intenzioni e nello spirito, ma anche nei processi: proprio come succedeva a De André, anche Izi sostiene che difficilmente le sue canzoni partano dal testo.

La Nuova Scuola Genovese cerca dunque di far emergere i parallelismi tra le due scuole, ma senza volerle porre a confronto o cercare di nascondere le differenze. L’obiettivo è far capire quanto sia importante guardare al passato ma con in testa il futuro, e creare una nuova cultura attraverso l’eredità dei grandi autori senza sminuire il valore della scena attuale.