Tanti psicologi e sociologi hanno tentato di descrivere i motivi che hanno incrementato il turismo negli ultimi anni, tramutandolo così in un desiderio alla portata di tutti e non più solo un lusso per pochi. Ma solo l’autore J.L. Crompton ha trovato una ragione che ci accomuna tutti, secondo quest’ultimo,infatti, dietro il desiderio di viaggiare si nascondono dei bisogni emotivi, tra cui il più importante: evadere dal quotidiano cercando luoghi di vacanza diversi rispetto a quelli in cui si vive ogni giorno.
Il viaggio consisterebbe in una via di fuga dal mondo caotico in cui viviamo, da una società che lotta di continuo per adattarsi all’incertezza, alla precarietà, alla perdita di valori.
Lo scopo del viaggio diventa evadere dalla realtà che si vive per esplorare nuovi mondi e infine tornare nel nostro e guardarlo con occhi diversi. Ed è per questo che tutti noi decidiamo di concederci una vacanza, per rilassarci, prendere una pausa da tutti i doveri e dalle pressioni psico-fisiche.
L’inutile fuga dall’Io
Un ulteriore motivo, più profondo e radicato, che ci porta a voler viaggiare è la fuga da sé stessi. Infatti, secondo molti psicologi, si viaggia anche per scappare dai propri difetti e dai propri problemi, e cercando di nasconderli si inizia a nascondere se stessi. Si è convinti che le cause dei dispiaceri provengano dall’esterno, dal lavoro, dalla scuola, dai genitori e che cambiando posti e persone tutto si risolverà.
Tutto questo non è altro che una scorciatoia per evitare il viaggio più complesso, il viaggio interiore che conduce alla conoscenza e all’accettazione del sé.
Non importa quanto si vada lontano, i propri difetti resteranno e le sofferenze saranno sempre salde nell’anima, perché ognuno di noi è perseguitato da un compagno di viaggio: se stesso.
Quindi è più utile iniziare a considerare il viaggio come una scoperta, non solo di nuovi luoghi ma delle proprie qualità, difetti, paure che non si sapeva di avere e della persona che si vuole diventare in futuro. Come diceva Socrate: ”Perché ti stupisci se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso?
Ti incalza il medesimo motivo che ti ha spinto fuori casa, lontano”.
Una questione soggettiva
Ebbene sì: il viaggio resta, prima di tutto, un'idea e un'azione dipendente dal singolo prima che dalla comunità d'appartenenza. Esempio di ciò è dato dall'età; tant'è vero che, banalmente, le motivazioni cambiano proprio in base ai propri anni. Sarà più facile, perciò, trovare il bisogno di viaggi conoscitivi e culturali in individui under-40, mentre la vacanza fine a sé stessa o fatta per auto-riconoscere la propria posizione economica e sociale sarà fatta dalle persone appartenenti alla fascia tra i 40 e i 50 anni. Infine, in stretta relazione con la vecchiaia, vi è la rinuncia quasi totale al viaggio avventuroso, in favore di un periodo votato unicamente al riposo su un'amaca, magari davanti al mare caraibico.