Aprile 2013. In un noto settimanale si vedeva la foto di una giovane e graziosa donna mora, un abito bianco, capelli a caschetto, sorridente, la mano destra che finge di sistemarsi la fascetta che fissa alla caviglia la scarpa dal tacco notevole. È Sophia Amoruso, 30 anni, una milionaria, in dollari. Definita dal NYT una cenerentola tecnologica.

Lavorava in una scuola, pare a 13$ l'ora. Inizia nel 2006 la sua "fiaba". In un'organizzazione caritatevole vede in vendita una giacca con un marchio di lusso, la compra per 8$. Su internet la rivende poi a 1.000$: 1000 diviso 8 per 100 fa 12.500%.

Un buon inizio. Poi cerca in rete i nomi storpiati di stilisti, convinta che chi non conosce il nome corretto ignora il valore di ciò che ha. Prima usa un noto sito di vendite, e poi uno tutto suo, www.nastygal.com. In breve, nel 2013, cresciuta con una struttura, ha ceduto per 49.000.000$ una quota.

Quindi, prima un'intuizione, tanto semplice quanto geniale, poi l'uso della rete. È qui che applica la regola numero uno: farsi conoscere. E usa i social network. Per puro sfizio si è annotato i follower dei due profili su twitter, Nastygal e quello suo personale. Il 13 settembre 2013 il profilo aziendale aveva 124.646 follower, quello personale 9.796. Oggi rispettivamente 161.000 e 14.700, circa.

Ma questo perché può essere interessante? Per capire: elementi semplici che hanno reso possibile l'intera vicenda. Non va trascurato che il tutto è accaduto in un contesto culturale, ben preciso. Siamo in America, esattamente in California. Il sito di Nastygal è un concentrato di elementi necessari e utili, con delle fondamenta di estrema semplicità.

Le basi del web che alcuni tentativi italiani paiono non possedere, tipo la risposta alla domanda "chi è che compra?". Nel sito di Nastygal la risposta è di una tale evidenza che rischia di non essere colta? Forse.

Si legge spesso di casi di successo ma pare che l'intento sia solo la divulgazione con finalità contemplative o elogiative.

Perché invece non coglierci delle lezioni? Si dovrebbe cogliere ciò che potrebbe rendere l'impresa esportabile anche dove, come da noi, si è alle prese con una crisi ormai nota e duratura. Solo per uno spunto, vendere via web richiede un substrato di fiducia, per la qualità, la consegna e l'eventuale restituzione. Tutti elementi che trovano ostacoli in contesti in cui prevale il timore della fregatura, con i pacchi che arrivano con dentro il mattone, o dei vacanzieri che giunti a destinazione trovano il "luogo selvaggio". La serietà, quindi, come elemento per costruire accadimenti economici profittevoli. Ma è solo un esempio. Il sito di Nastygal è un sito che funziona, perché? Perché la cultura, non solo grafica, anche psicologica, nel realizzare siti internet vale come molla di sviluppo.

Esiste una differenza abissale tra siti d'oltreoceano che funzionano e siti europei/italiani? Basta, talvolta, confrontare attentamente. Anche qui potremmo accorgerci che alla base vi sono elementi culturali. In alcuni siti nostrani pare si voglia null'altro che addensare banner su banner, attirando l'utente con esche comunicative o costrizioni grafiche imposte.

Il successo di Nastygal, genialata di Sophia Amoruso (autrice di Girlboss), non dovrebbe esser letto come una sorta di fiaba che capita solo in America, dovrebbe invece indurre a chiederci se ci manca qualcosa perché si possa realizzarla, su larga scala, anche da noi. Ed eventualmente porvi rimedio.