Finalmente pubblico il testo contenuto nel Def, il documento di economia e finanza con il quale il governo Renzi intenderà far fronte alla situazione economica italiana, che purtroppo non sembra ancora del tutto florida.

Quello che traspare dalle prime battute è un documento non particolarmente "sfrontato" nei confronti dei vincoli europei, e quindi un atteggiamento corretto nei confronti degli accordi presi di propria volontà con gli altri Paesi membri dell'Unione. Ma allo stesso tempo si intravede anche una certa voglia di superare i limiti che le aspettative finora sembrano proiettare sull'andamento delle finanze italiane.

Non sarà prevista infatti alcuna manovra correttiva per quanto riguarda lo sforamento dei parametri di rapporto tra deficit e pil, che non dovrà superare il 3%, ma piuttosto ciò che si auspica è un margine di manovra per consentire la possibilità di metter mano ad interventi tempestivi nella eventuale necessità di regolare la spesa pubblica in vista dell'obiettivo della crescita.

Le stime contenute nel Def sono state dichiarate come "prudenti" dal premier Renzi e dal ministro Padoan, e l'auspicio è quello di poter anticipare il pareggio di bilancio - attualmente previsto per il 2016 - al 2015, anche se questo sarà possibile soltanto nel caso in cui la crescita italiana superasse di 0,5% l'attuale ipotesi per quest'anno dello 0,8%, portandosi quindi a +1,3%.

Cifre particolarmente ambiziose secondo quanto finora annunciato dai vari economisti e gruppi di analisi macroeconomiche, ma sembrerebbe proprio questa la strategia che Renzi e Padoan sono intenzionati a intraprendere.

Si è parlato di far pagare quelli che hanno meno pagato la crisi, di fronteggiare le azioni dei "gufi" che si auspicano che sciaguratamente nulla cambi, e di andare inoltre a prendere le coperture per gli 80 euro in busta paga dalle banche, attraverso un aumento della tassazione sulle plusvalenze derivanti da quella famosa rivalutazione delle quote che in passato ha creato notevole subbuglio tra le file del parlamento, nel giorno delle proteste relative alla ormai nota "ghigliottina".

Quindi i propositi sono molti, gli annunci altrettanto, e tutta la buona volontà del governo sembra essere stata messa sul tavolo. La strada da imboccare però resta sempre quella delle riforme. Previsti tagli alla spesa improduttiva per mano della spending review di Cottarelli, lo snellimento della burocrazia contenuto nel Jobs act, gli sgravi e lo snellimento fiscale per imprese e lavoratori per mezzo dell'abbassamento di Irpef e Irap e infine l'innalzamento della tassazione sulle rendite finanziarie.

Il tutto volto ad un rilancio di investimenti e consumi che in definitiva dovrebbero cercare anche di rilanciare, oltre alla crescita, anche l'occupazione.

Per quest'ultima in particolare però si parla ancora solo di una timida ripresa: dall'aumento dello 0,2% previsto per quest'anno si parlerebbe di un incremento cumulativo da qui al 2018 di soltanto 1,2%. Cifre in questo caso quindi piuttosto magre, ma l'approvazione da parte di Bruxelles e del Fondo monetario internazionale lascerebbero pensare che al momento, di orizzonti alternativi, non se ne vedano troppi.