Chi ha creduto che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale, avrebbe potuto avere il rimborso immediato delle rivalutazioni bloccate, dovrà rivedere i propri calcoli.
Non è certo il rimborso delle rivalutazioni perse con il blocco della perequazione
C'è stato a caldo un commento del sottosegretario Enrico Zanetti che ha dichiarato "Escludo che sia possibile restituire a tutti l'indicizzazione delle Pensioni; per quelle più alte sarebbe immorale e il governo deve dirlo forte. Occorre farlo per le fasce più basse", commento a cui è seguito quello del Ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan con la dichiarazione che l'esecutivo rispetterà le leggi, minimizzando l'impatto per le casse del governo.
Fonti governative hanno poi fatto sapere che non rimborsare tutte le pensioni toccate dalla recente sentenza della Consulta è una soluzione compatibile con la sentenza della Corte stessa.
Quali motivi hanno indotto la consulta a dichiarare incostituzionale il blocco della perequazione
Richiamerei l'attenzione, tra le diverse eccezioni di costituzionalità della norma, su quella presentata dalla Corte dei Conti della Regione Emilia/Romagna nella quale si fa notare che "l'introduzione di un imposta speciale, sia pure transitoria, viola il principio della parità del prelievo a parità di presupposto d'imposta economicamente rilevante e che , quindi, il blocco della perequazione si traduce in una lesione della Costituzione, in quanto la norma limita i destinatari della stessa soltanto ad una platea di soggetti passivi cioè percettori del trattamento pensionistico, in violazione del principio della universalità dell'imposizione" .
E' questo il cuore della questione; a fronte di una grave crisi economica del paese non si può imporre un sacrificio ad una sola platea di cittadini, aumentando di fatto il prelievo fiscale sul loro reddito oltre i termini previsti dalla legge. Ebbene questa tesi è stata rigettata dalla Consulta, affermando che il blocco della perequazione non è riconducibile ad una discriminazione tributaria, poiché non si è trattato di un maggior prelievo sulle pensioni in atto ma di un blocco delle loro rivalutazioni.
La Corte Costituzionale ha, invece, ritenuto illegittimo il blocco della perequazione essenzialmente per due motivi:
- la disposizione concernente l'azzeramento del meccanismo perequativo si limitava a richiamare genericamente una contingente situazione finanziaria, senza che fosse spiegato il motivo della necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento;
- l'interesse dei pensionati, in particolare di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite. Tale diritto risultava irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio, intaccando in tal modo due diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale: la proporzionalità del trattamento di quiescenza e l'adeguatezza del principio di solidarietà.
Quali interventi governativi sono prevedibili dopo la sentenza della Consulta sul blocco della perequazione
Dichiarazioni di fonte governativa fanno intravedere le future mosse dell'esecutivo per limitare l'impatto economico della sentenza sul bilancio dello Stato; si parla di applicazione della sentenza solo per le pensioni più basse o della rateizzazione delle somme da restituire. Entrambe le soluzioni, a ben guardare, non sarebbero in contrasto con le osservazioni della consulta.