Trent'anni fa è stata istituita l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che è un'organizzazione economica internazionale volta a stimolare il progresso economico e il commercio mondiale. Da allora l'Ente ha iniziato a verificare i dati sulla ricchezza di 34 paesi nel mondo. È innegabile che in periodi di crisi globale, come quella che stiamo vivendo in questi anni, il divario fra ricchi e poveri si ampli, ma nessuno avrebbe mai pensato che si arrivasse addirittura a raddoppiare le cifre negative. L'ampliamento del divario fra ricchi e poveri, nelle economie di paesi come la Spagna, l'Italia, la Grecia, ma anche la Francia, l'Inghilterra e la stessa Germania, sembra non potersi fermare.

L'Italia e la Spagna sono i paesi più a rischio a causa, tra l'altro, dell'esistenza di una tassazione più elevata e per effetto di numerosi tagli alla spesa sociale perpetrata negli anni.

La ricchezza in Italia è sempre più concentrata in alto rispetto al reddito pro capite, esacerbando lo svantaggio complessivo delle famiglie a basso reddito. Lo studio dell'OCSE si basa sui dati provenienti dai 34 paesi che fanno parte dell'Organizzazione, tra questi, 21 sono gli Stati appartenenti all'Unione Europea, ma è l'Italia il paese con il maggior divario. Le conclusioni dell'OCSE sul nostro paese, in sintesi, risultano essere le seguenti:

  • La diseguaglianza dei redditi in Italia è leggermente superiore alla media OCSE. Essa è cresciuta a partire della metà degli anni '80 e da allora non si è mai ridotta. In Italia, il reddito medio percepito dal 10% più ricco della popolazione è stato di 11 volte superiore a quello percepito dal 10% più povero nel 2013;
  • L'impatto della crisi sui redditi delle famiglie non è stato uniforme. In Italia il maggior peso della crisi è stato sostenuto dal decimo più povero della distribuzione dei redditi. Il reddito del primo decimo è diminuito in media del 4% tra il 2007 e il 2011, mentre il reddito mediano è diminuito del 2% e quello del 10% più ricco dell'1%;
  • La povertà è notevolmente aumentata durante la crisi in Italia rispetto a molti altri paesi, soprattutto quando misurata con una soglia di povertà fissa nel tempo (cioè al livello pre-crisi). La cosiddetta povertà ancorata è aumentata di 3 punti tra il 2007 e il 2011, il quinto livello più alto tra i paesi OCSE;
  • I bambini sono la fascia d'età con la più alta incidenza di povertà (17%, rispetto al 13% in media nell'OCSE). I giovani di età compresa tra i 18-25 hanno anch'essi tassi di povertà leggermente superiori rispetto alla media OCSE (14,7% rispetto al 13,8%). Gli anziani (di età di 65 anni o più) hanno invece un tasso di povertà più basso rispetto alla media OCSE (9,3% rispetto a 12,6%).

In definitiva, le disparità di genere in Italia resta elevata, il divario occupazionale è tra i più alti dei paesi OCSE: 18% contro una media OCSE del 12%.

La disuguaglianza è ancora più marcata quando si considera anche il lavoro part-time, mentre il tasso di occupazione femminile, rispetto al lavoro full-time maschile, raggiunge a malapena il 38% contro una media OCSE del 52%.

Difficile porre rimedio a questi dati, ma l'OCSE fornisce alcuni buoni consigli al nostro Paese, uno di questi è quello di: "Assicurarsi che il sistema fiscale e previdenziale renda il lavoro proficuo e soddisfacente". Cioè, il contrario di quanto fatto finora da tutti i governi che si sono succeduti.