L'ormai famosa 'busta arancione' è diventata un vero e proprio tormentone per l'economia dei contribuenti italiani, che in questi giorni stanno ricevendo la propria 'presunta' posizione pensionistica e contributiva. Il problema però è che molte buste arancioni, recapitate ai contribuenti, risultano grossolanamente errate o contengono un calcolo evidentemente approssimativo a quello reale. Di chi è la responsabilità di tutto questo? La Corte Suprema di Cassazione con una recente sentenza, ha colpevolizzato l'Istituto di Previdenzaper aver commesso degli evidenti errori nell'estratto conto contributivo di un lavoratore.

La responsabilità dell'Inps

Secondo quanto pubblicato da 'investireoggi.it', una sentenza datata 2 maggio 2016 nr. 8604 emessa dalla Corte Suprema di Cassazione, attribuisce la responsabilità di errore per un conto contributivo di un lavoratore, il quale ha subito danni economici relativi alla sua posizione lavorativa. Nello specifico il soggetto era stato indotto alle dimissioni a causa di un errore comportamentale dell'Inps che ha provocato mancate retribuzioni, intervenute nel periodo compreso tra la data di cessazione dell'attività lavorativa e e la data dell'effettiva attribuzione della pensione. In particolare il contribuente in questione, aveva integrato la propria posizione pensionistica, con contributi volontari che dovevano essere sommati a quelli effettivamente prestati con il servizio lavorativo.

Tutto questo ha provocato un periodo retributivo scoperto, che partiva dal mese di aprile 2006 e terminava nel mese di ottobre 2007.

Gli errori della busta arancione

Alla luce di quanto sentenziato dalla Corte Suprema, la domanda che ora ci poniamo è la seguente: 'per gli errori contenuti nella busta arancione, l'Inps può essere ritenuto responsabile per una eventuale richiesta di rimborsi?'.

E' naturale che i casi sono soggettivi e vanno valutati singolarmente, ma il fatto certo è che l'Istituto di Previdenza sta trasmettendo i conti contributivi, considerando condizioni attuali e ottimistiche, massimizzando una previsione molto orientativa, che potrebbe essere molto lontana dalla realtà pensionistica del contribuente.

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