Si ritorna a parlare di un reddito ai poveri. A puntare i riflettori su quello che è da più parti ritenuto un provvedimento da troppo tempo atteso e non più rimandabile, è il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, che ha ricordato che la legge di Stabilità 2016 ha messo a disposizione 1 miliardo di euro per questa finalità, cui si sono aggiunti altri 150 milioni con l’ultima legge di Bilancio.

Martina sollecita il varo di un apposito decreto che possa velocizzare i tempi di attuazione di quanto previsto dalla legge delega sul reddito di inclusione approvata lo scorso luglio dalla Camera sotto il governo Renzi ed attualmente in discussione al Senato.

Come funzionerà il reddito ai poveri

Il reddito ai poveri a cui fa riferimento il ministro Martina sarà destinato alle famiglie che vivono in condizione di povertà, cioè con un reddito Isee inferiore a 3mila euro, dando la precedenza a quelle con figli minori a carico. In futuro il sussidio dovrebbe essere esteso a tutte le famiglie al di sotto di questa soglia di reddito per un totale di circa 4,5 milioni di persone.

Il sussidio viene definito nel provvedimento del governo come ‘reddito di inclusione’, in quanto si tratta di un sostegno finanziario non assistenziale condizionato al rispetto di determinati criteri che allarga la sperimentazione del Sia, il Sostegno per l’inclusione attiva, avviato nello scorso mese di settembre e che garantisce un assegno di 400 euro al mese.

La strada per l’approvazione del reddito ai poveri

L’attivazione di un decreto d’urgenza sul reddito ai poveri, come sollecitato da Martina, comporterebbe l’approvazione del provvedimento nel giro di poche settimane. Un’ipotesi che pare praticabile visto il sostegno assicurato all’iniziativa da parte del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e dal presidente della Commissione lavoro di palazzo Madama, Maurizio Sacconi, disponibile ad accelerare l’iter di un disegno di legge rivolto ad assicurare un reddito ai poveri.

Uniche critiche sono quelle provenienti dal Movimento 5 Stelle che definisce il reddito di inclusione come una elemosina insufficiente a contrastare la crescente povertà nel nostro paese, per la quale l’unica soluzione è rappresentata dal reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento, la cui proposta di legge è da due anni ferma al Senato.