"Crediamo nella semplice idea che, indipendentemente da chi siamo, da dove veniamo, da chi amiamo o a chi indirizziamo le nostre preghiere, noi tutti dobbiamo avere la possibilità di sentirci a casa". Inizia così il lungo messaggio pubblicato dai fondatori di Airbnb sul sito della community di host, per lanciare la nuova iniziativa, seguita dall'ashtag #weaccept, per mettere a disposizione dei rifugiati 100.000 alloggi in cinque anni.
La sfida di Airbnb
"Siamo consapevoli che si tratta di un idealismo destinato a incontrare molti ostacoli lungo il cammino - spiegano Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk - a causa di un'altra constatazione che sembra semplicistica ma non lo è: non tutte le persone, oggi, sono accettate e tollerate".
L'iniziativa, lanciata durante il Super Bowl e approdata oggi nelle caselle email degli utenti, è rivolta a rifugiati, superstiti e volontari, ma sarà ampliata nel corso del tempo.
Il piano è quello di lavorare a stretto contatto con gli host della community per fare in modo "che chi si trova in queste condizioni possa trovare non solo un luogo dove stare, ma anche una rete sociale dove poter interagire con gli altri, dove sentirsi rispettato e nuovamente parte di una community".
A questo si affiancherà un investimento totale di 4 milioni di dollari, spalmati nel corso di 4 anni, per aiutare l'International Rescue Committee, l'associazione internazionale che risponde alle peggiori crisi umanitarie del mondo contribuendo a ripristinare la salute, la sicurezza, l’educazione, il benessere economico e la dignità delle persone devastate da conflitti e guerre.
Una decisione che si lega a doppio filo all'esperienza di Airbnb che in passato ha ricevuto segnalazioni da ospiti vittime di discriminazioni: questo è "esattamente l'opposto di ciò in cui crediamo" hanno sottolineato i fondatori che per questo motivo si sono impegnati a "migliorare il rispetto reciproco e il senso di appartenenza all'interno della comunità".
L'appello agli host di tutto il mondo
Nel lungo messaggio, il sito di home sharing chiede agli host di tutto il mondo di unirsi alla causa, condividendo il proprio alloggio o donando alle associazioni che assistono gli sfollati. "Se lo desideriamo, possiamo fare in modo che i bambini di oggi crescano in un mondo diverso, nel quale possano sentirsi accettati per chi sono, indipendentemente da dove si trovino.
Perché siamo sinceramente convinti che più ci accettiamo per ciò che siamo e più il mondo può diventare un luogo migliore".
Per Airbnb, quella di mettere a disposizione gli alloggi della piattaforma non è una novità: già a fine gennaio l'azienda si era unita alle altre corporates americane nella protesta contro il muslim ban imposto da Trump, aprendo gratuitamente le case per tutti coloro che ne avessero avuto bisogno.