Mentre si avvicina ad una soluzione la procedura di ricapitalizzazione di MPS, i fronti caldi del processo di ristrutturazione del sistema bancario italiano rimangono le popolari venete e, anche se in misura meno grave, la cassa di risparmio di Genova. Per tutti gli istituti il problema di fondo rimangono i crediti deteriorati (di difficile o improbabile riscossione) e in particolar modo le sofferenze (o Non Performing Loans - NPL) ossia i crediti vantati verso controparti insolventi (es aziende in fallimento). Il risanamento degli istituti passa per la riduzione di questi crediti in rapporto al totale degli affidi e al capitale proprio e tipicamente questo processo comporta delle perdite e necessità di capitale aggiuntivo.
Un Gap da 1,25 miliardi per le popolari Venete
Allo stato, le autorità europee hanno quantificato in 1,25 miliardi le necessità aggiuntive di capitale determinate da una dismissione di tutti i NPL di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Si tratterebbe di un importo da coprire con fondi privati, perché la normativa UE sugli aiuti di stato vieta che denaro pubblico possa essere impiegato per coprire perdite certe. Solo dopo aver colmato le perdite pregresse sarebbe possibile avviare la procedura di ricapitalizzazione precauzionale in modo analogo a quanto attualmente in corso per mps.
Tra le opzioni in discussione anche il coinvolgimento di Poste italiane che potrebbe entrare nel capitale di Carige oppure rilevare, attraverso Poste Vita la partecipazione in Cattolica Assicurazioni in modo da ridurre il fabbisogno di capitale nella misura di circa 250 milioni.
Un'altra ipotesi prevede il coinvolgimento di 4 fondi di private equity, Centerbridge, Atlas, Warburg Pincus e Baupost che potrebbero sottoscrivere un prestito obbligazionario per un importo vicino al miliardo di euro.
In parallelo, una delegazione del ministero del tesoro starebbe cercando di ottenere una riduzione sull'importo complessivo fino a 600-700 milioni.
Lo scontro Malacalza - Bastianini in Carige
Al centro delle discussioni su Carige c'è la recente lettera di sfiducia inviata al cda dall'azionista di riferimento, Vittorio Malacalza nei confronti dell'amministratore delegato Guido Bastianini, che in passato era stato nominato proprio su indicazione dello stesso Malacalza. Alla base del dissenso tra i due banchieri ci sarebbe la sistemazione dei NPL.
L'azionista di riferimento, infatti, ritiene non più sufficiente la scelta approvata dal precedente cda di dismettere circa 940 milioni mediante un'operazione di cartolarizzazione assistita da GACS (garanzia statale sugli attivi cartolarizzati). Al fine di avviare concretamente il risanamento dell'istituto, sarebbe necessario un intervento più incisivo con la segregazione in una società veicolo di tutte le sofferenze e il varo di un aumento di capitale anche superiore ai 450 milioni ventilati in precedenza.
Nel frattempo la quotazione in borsa dell'istituto continua a calare avendo toccato il minimo di 187 milioni di capitalizzazione complessiva. Anche se l'istituto ligure non versa ancora in condizioni critiche come quelle delle Popolari Venete e di MPS, è sempre più urgente individuare una soluzione di rilancio definitiva che possa rassicurare i mercati.