Quello che subito colpisce di Ilka - oltre all'amabile sorriso - è la sua assoluta semplicità, la disponibilità. Ci ha sorpreso la rapidità con cui ha accolto il nostro invito a parlare del suo ultimo libro - Storia di una indocumentada. Attraversamento del deserto di Sonora-Arizona (Edizioni Arcoiris, 2017) e delle iniziative che non si stanca di promuovere e caldeggiare. Come il meeting previsto per questa mattina a Roma Norte (Città del Messico) sul tema della giustizia negata ai migranti - i "Border Angels", come vengono chiamati in America gli abitanti del Sud, messicani soprattutto, che tentano di passare la frontiera.

Obiettivo dell'incontro: quello di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale sul problema dell'impunità di chi commette abusi e violenze sui migranti.

Ilka è stata una di loro. Nata nel 1979 alla periferia della capitale guatemalteca, sviluppa presto una particolare attitudine per lo sport, il calcio in modo particolare, e si diploma in Educazione Fisica. Nel 2003 - a causa del caos politico e sociale in cui precipitò il suo Paese sotto la Presidenza del corrotto Alfonso Portillo - interrompe gli studi di Piscologia e decide di espatriare. Ci riesce, infine, dopo alterne e dolorose vicende. Oggi - incredibile ma vero - Ilka vive a Chicago mantenendosi con lavoretti saltuari e precari.

Non esclude nulla. Pulizie, baby-sitting, dog-sitting. E tra un servizio e l'altro scrive. Scrive e pubblica.

Ha già dato alle stampe quattro libri tutti impregnati di attivismo sociale e politico.

"Scrivere è la mia vita - dichiara - la mia espressione, l'aria che respiro". Ha iniziato a scrivere poesie quando era ancora un'adolescente.

Poi per due anni, più nulla. Ha ricominciato a comporre liriche dopo aver attraversato il confine. Più tardi, successivamente al periodo buio della depressione, ha iniziato a raccontare storie appassionandosi al giornalismo investigativo che la portò ad analizzare la situazione degli "indocumentados" e la politica degli Stati Uniti.

Un intero sistema corrotto che costringe alla fuga

Esiste un sistema "blindato" in America Latina - secondo la Corado - che alimenta la migrazione clandestina. Un sistema che spinge a migrare perché nega opportunità di sviluppo e di progresso ai suoi abitanti, un sistema che impone la violenza istituzionale. Ci si approfitta della vulnerabilità e della invisibilità di queste persone che vengono sottoposte a ogni genere di abusi. Torturate, assassinate, fatte sparire. Il Messico un enorme cimitero clandestino - denuncia Ilka Oliva Corado - dove si continua a perpetrare - sotto lo sguardo indifferente dell'America e del resto del mondo - un vero e proprio genocidio.

Ma la Corado va oltre ed evidenzia che bande e organizzazioni criminali pullulano all'interno degli stessi governi e istituzioni, a partire dall'Instituto Nacional de Migración.

"Attraversare il Messico significa rischiare la vita - Il pericolo è rappresentato dalla linea di fuoco tra Messico e Stati Uniti; dal rischio di affogare nel Rio Bravo o morire disidratati nel deserto dell'Arizona, di fame e di sete tra le montagne della California, sotto gli spari della guardia di frontiera o delle bande di delinquenti che custodiscono il territorio.

Chiediamo a Ilka che cosa è cambiato - secondo la sua opinione - con l'elezione di Trump alla Presidenza degli Stati Uniti. La sua risposta non lascia molto spazio alla speranza. "Non importa quale presidente arriverà. il sistema resta lo stesso - conclude amareggiata Ilka - il paria sarà sempre un paria in qualunque Paese. E lo sfruttatore resterà il medesimo. È una ristretta oligarchia che governa il mondo.