La web tax slitta al prossimo anno entrando così in vigore dal primo gennaio 2019. In un primo momento era stata prevista la sua entrata in vigore dal primo luglio 2018 ma una serie di ‘new entry’ hanno determinato lo slittamento della sua effettiva operatività. L’ultima versione dell’emendamento (la terza), riformulata dai relatori, dovrebbe infatti essere a breve depositata in Commissione Bilancio del Senato. Il nuovo emendamento quindi a partire da gennaio 2019 andrà a introdurre una nuova imposta sulle transazioni di tipo digitale. In pratica una tassa del 6 per cento sulle prestazioni di servizi effettuati con l’ausilio di mezzi elettronici.
Slittamento al 2019 della Web Tax: tutte le novità
Lo slittamento dell’entrata in vigore della Web tax è dovuto al fatto che sarà previsto uno spettro più largo di potenziali attività. Il Ministero dell’economia, entro il prossimo 30 aprile 2018, definirà le precise prestazioni di servizi a cui sarà applicata la nuova imposta, attraverso l’apposito decreto che verrà emanato, appunto, in quella data. Il nuovo testo dell’emendamento sulla Web tax, restringe invece la platea, dei soggetti sottoposti alla futura tassazione, escludendo tra l’altro le imprese di tipo agricolo e tutti coloro che hanno scelto il regime di tipo forfettario. Sarebbero diversi, i provvedimenti che dovranno trasformare in operativa la nuova imposta di tipo digitale: oltre a quello relativo alla data del 30 aprile 2018, nei 2 mesi successivi, l’Agenzia delle Entrate dovrà anche indicare le modalità delle operazioni e le relative segnalazioni fiscali legate alle prestazioni dei servizi attraverso l’ausilio di mezzi elettronici.
Che cos’è la Web tax
La Web tax è la proposta di legge per la regolamentazione sulla tassazione delle multinazionali operanti in rete. Essa si muove con l’obiettivo principale di garantire, quanto più possibile, equità economica di tipo fiscale e lealtà nella concorrenza. Attraverso la Web tax si cercherà di far pagare le imposte indirette anche a tutte quelle imprese che operano in diversi posti del mondo ma che non usano la Partita Iva nel Paese dal quale commercializzano i loro prodotti o i loro servizi.
Si potrà così porre fine alle decine di Miliardi di euro di elusione fiscale. Questo tipo di tassazione è rivolto ad un mercato economico molto più complesso, nel quale spesso non è semplice capire se si tratta di vendite di merce o vendite di servizi, e questo renderà senz’altro i tempi di attuazione della norma molto più lunghi.