Atlantia, l'azionista di maggioranza del gruppo che controlla Autostrade per l'Italia (Aspi) ha fatto pervenire un comunicato al governo Conte dai toni forti. Con esso Atlantia annuncia che, non essendo stato ancora deciso, da parte del governo, se mantenere o meno la concessione autostradale, il gruppo avrebbe congelato il previsto piano di investimenti straordinari per circa 14,5 miliardi.

Sembra che la famiglia Benetton, titolare di Atlantia, sia stata spinta a questo gesto non solo per l'incertezza sul futuro di Atlantia, a seguito della mancata risposta dell'esecutivo.

Ma anche per i danni procurati dall'epidemia Covid-19 che, di fatto, hanno azzerato gli introiti dei pedaggi sulle autostrade.

Per fronteggiare la perdita dei ricavi, Aspi è stata costretta a chiedere un prestito di 200 mln alla Cassa depositi e prestiti. In base alle recenti norme del Curaitalia ha inoltre richiesto la garanzia dello Stato per altri prestiti bancari pari a 1,25 mld. Non sono arrivati né l'uno né gli altri. Anzi, il viceministro Buffagni (M5s) ha recisamente escluso, con una dichiarazione polemica, qualsiasi risposta positiva alle richieste di Benetton.

L'ultimo decreto Milleproroghe ha determinato un crollo delle quotazioni di Atlantia

La risposta del viceministro non è stata a caso.

Il M5s, infatti, teme che in caso di acquisizione delle garanzie statali, difficilmente Atlantia possa essere scalzata dalla sua qualità di concessionario autostradale. In caso di revoca, infatti, Atlantia potrebbe essere dichiarata insolvibile e, quindi, tutti i suoi debiti sarebbero a carico dello Stato garante.

Il principale casus belli, tra Atlantia e il governo, tuttavia, è l'art 35 dell'ultimo decreto Milleproroghe.

La norma recentemente approvata, infatti, ha rimesso in discussione l'applicazione di eventuali penali a carico dello Stato in caso di revoca della concessione. Si aprirebbe perciò uno scenario negativo per la futura gestione autostradale in capo a Benetton.

Secondo Benetton, il decreto avrebbe unilateralmente stravolto un quadro contrattuale a cui facevano riferimento i propri investitori e finanziatori.

Ciò avrebbe determinato un crollo delle quotazioni azionarie di Atlantia e di Aspi con danni finanziari incalcolabili per il gruppo. Per questo gli avvocati della famiglia Benetton sono al lavoro per un eventuale ricorso alla magistratura.

Le posizioni dei partiti sul caso Atlantia sono contrapposte

Tale azione potrebbe essere superflua in caso di accordo. Nel frattempo, Atlantia ha versato 900 mln ad Aspi per la gestione ordinaria. Ma I termini del ricorso scadono a fine giugno e, quindi, Benetton vuole mettere pressione al governo che, con i problemi di gestione dell'epidemia, sembra aver momentaneamente accantonato il problema.

I motivi del ritardo dell'esecutivo, tuttavia, non sono collegati soltanto al Covid-19.

La posizione dei partiti di maggioranza, infatti, non è condivisa. Il M5s è schierato compatto per la revoca, lasciando eventualmente all'attuale concessionario il mantenimento di pochi tratti autostradali. Italia Viva ritiene che un'azienda dell'importanza di Atlantia non debba morire e, anzi, spinge per l'immediata corresponsione dei prestiti richiesti e delle garanzie.

Il Partito democratico, invece, preme per una revisione della concessione, come previsto nell'accordo di governo. Il dossier in tal senso, redatto dal Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli è pronto da tempo ma è rimasto accantonato in attesa delle decisioni del Consiglio dei Ministri.

Intanto la “mossa” di Atlantia ha causato un'irrigidimento da parte degli esponenti della maggioranza.

Ai pentastellati si è affiancato anche il leader di Leu, Nicola Fratoianni. “Quando qualcuno ricatta, la sola risposta è la revoca”, avrebbe dichiarato. Per dovuta informazione, la totale revoca della concessione potrebbe comportare, per l'intero gruppo Benetton, il licenziamento di circa 31mila lavoratori, di cui 13mila in Italia, senza calcolare l'indotto.