Per la serie BlastingTalks intervistiamo il presidente dell’associazione EBS Antonio Di Cosimo. EBS raggruppa 20 operatori con 23 impianti di taglia superiore ai 5MW in tutta Italia. Questi impianti producono energia rinnovabile da biomasse solide in Italia e generano una produzione elettrica annua superiore ai 3.000 GWh. Le biomasse sono al centro di un dibattito collegato agli incentivi e riguarda una filiera che impiega oltre 5.000 lavoratori, la più lunga tra le rinnovabili.

Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.

Leggi le altre interviste della serie sul canale BlastingTalks Italia.

Partiamo dalla missione dell’associazione EBS: di cosa si occupa?

L’associazione EBS rappresenta i principali produttori di energia elettrica da biomasse solide in Italia. Raggruppa 20 operatori con 23 impianti di taglia superiore ai 5 MW che generano una produzione di energia elettrica di oltre 3.000 GWh, pari a più del 75% di quella nazionale da biomasse solide e quasi la totalità se si considerano solo i grandi impianti. La missione è dunque tutelare lo sviluppo delle imprese aderenti, nonché lo studio e la ricerca relativa al comparto e alle tecnologie collegate. Tale sviluppo è funzionale alla transizione energetica che vedrà sempre più protagoniste le rinnovabili.

In questo scenario le biomasse solide si inseriscono come l’unica fonte energetica rinnovabile in grado di garantire una regolarità e continuità di esercizio per oltre 8 mila ore l’anno, indispensabile per la stabilità della rete elettrica nazionale. Tuttavia la mancanza di un quadro normativo certo con particolare riferimento al rinnovo degli incentivi è un grande limite per i nostri progetti.

Cosa si intende a livello pratico per biomassa e qual è la loro importanza per il nostro sistema naturale ed economico?

Le biomasse solide sono intese come la parte biodegradabile ricavata dalla manutenzione dei boschi e delle attività agricole e agroindustriali. Per chiarire, intendiamo residui di campo delle aziende agricole, sottoprodotti derivanti dall'espianto, sottoprodotti lignocellulosici come la paglia, residui delle attività di lavorazione dei prodotti forestali o agroalimentari come vinacce esauste o sansa dalla molitura dell’olio, biomassa vergine ottenuta dalla lavorazione del legno (esclusa dal regime dei rifiuti) e anche, in minor parte, da colture dedicate agricole e forestali.

Non dimentichiamo, infine, che la corretta manutenzione del patrimonio forestale, di cui le biomasse per uso energetico sono l’anello finale, consente di ridurre il rischio idrogeologico e degli incendi.

Quali sono i risvolti delle attività portate avanti dai vostri associati in merito a tematiche come l’economia circolare e il green deal?

Tramite la valorizzazione dei sottoprodotti si realizza il principio dell’economia circolare, con benefici ambientali, sociali ed economici per tutto il Paese, soprattutto per il contesto rurale, montano e delle aree interne. Il settore paga tali materiali residuali e in questo modo supporta lo sviluppo dell’intera filiera collegata, ma i benefici si declinano anche su altri fronti.

La circolarità arriva a comprendere il riutilizzo delle ceneri. Rispetto al Green Deal, EBS con altre associazioni del settore delle biomasse solide (Aiel, Ebs, Ef, Fiper e Itabia) ha espresso le sue preoccupazioni in una lettera congiunta rivolta ai ministri Cingolani (MiTe), Patuanelli (Mipaaf) e Giorgetti (Mise) in merito a una possibile revisione della Direttiva REDII. È stato proposto il contributo delle Associazioni delle biomasse solide alle azioni di contrasto al cambiamento climatico e di sostegno alla biodiversità che l’Europa propone all’interno del Green Deal nel pacchetto “Fit for 55” con cui si definiscono 12 misure atte a centrare l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas-serra del 55% al 2030.

Per ottenere questo risultato, secondo il nostro punto di vista, vanno coinvolte e integrate tutte le fonti rinnovabili di energia (FER) virtuose, programmabili e non, valorizzando la complementarità tra loro e considerandone i diversi fattori locali di costo-opportunità.

Recentemente vi siete rivolti alle istituzioni tramite una lettera aperta per esprimere la vostra preoccupazione rispetto ai contenuti della strategia forestale europea: quali sono le vostre richieste al governo?

Nella lettera che EBS ha firmato con Aiel, Conaibo, Consorzi forestali, Ef, Fiper e Uncem abbiamo chiesto innanzi tutto che nella bioeconomia circolare sia incluso anche il materiale legnoso utilizzato per fini energetici.

Al Governo abbiamo evidenziato le esternalità positive conseguite grazie alla filiera bosco-legno-energia che ha permesso negli ultimi anni di riqualificare e recuperare aree forestali danneggiate, degradate e/o affette da patologie. Le pratiche di gestione forestale sostenibile hanno un ruolo fondamentale nella salvaguardia della biodiversità e nella mitigazione dei cambiamenti climatici. In più, sono un importante volano di sviluppo locale, soprattutto in aree come quelle montane, nonché una fonte di reddito per le imprese boschive e i diversi operatori di filiera. Un altro aspetto fondamentale rivendicato nella lettera è il carattere nazionale della competenza in materia di gestione forestale: l'istituzione di un possibile nuovo quadro giuridico che includa un ulteriore strumento di pianificazione e gestione forestale a livello europeo, con la definizione di indicatori e soglie, distorcerebbe le politiche sinora attuate dagli Stati Membri.

Può offrirci qualche dato statistico in merito all’utilizzo delle biomasse in Italia?

Posso rispondere per gli impianti associati: la quantità di biomassa solida utilizzata negli ultimi tre anni si assesta stabilmente, con un aumento molto lieve, intorno a 2,98 milioni di tonnellate. Se prendiamo in considerazione l’anno 2020, ad esempio, la biomassa da residui forestali rappresenta circa il 50% della biomassa solida complessiva usata per la produzione di energia elettrica e oltre il 90% del totale rientra nell’ambito di accordi quadro per la tutela del patrimonio boschivo nazionale e la valorizzazione energetica delle biomasse da filiera corta. Il 20% circa delle altre fonti è costituito da residui delle attività di lavorazione dei prodotti agroalimentari, zootecnici e forestali; il 15% circa da residui di campo delle aziende agricole e il 5% da colture dedicate agricole e forestali.

Quali sono stati i risvolti dovuti all’avvento del coronavirus e della pandemia nel vostro settore?

La nostra attività è stata inclusa tra quelle essenziali già nel primo Decreto, dunque abbiamo subìto meno conseguenze di molti altri settori. Si è trattato essenzialmente di implementare le migliori procedure per la tutela e la messa in sicurezza di quella quota di personale che non poteva operare in smart working.

Infine, dal vostro particolare punto di vista, in che modo cambierà l’economia del legno nei prossimi anni? Riusciremo ad arrivare a una gestione forestale davvero integrata e sostenibile?

È quello che auspichiamo. L'attuale situazione forestale è molto diversificata nei vari paesi Europei.

L’Italia, in particolare, è in controtendenza rispetto agli altri paesi: negli ultimi decenni da noi la superficie boschiva ha registrato un tasso di accrescimento del 20% rispetto all’Unione Europea dove nello stesso periodo la superficie dei boschi è aumentata del 5% (dato Global Forest Resourse Assessment 2010). E il tasso di prelievo del legno è tra i più bassi d’Europa, secondo il documento di consultazione della Strategia forestale nazionale (2020). Da ciò si intuisce come ci siano tutti i presupposti per realizzare una gestione forestale integrata e sostenibile sia per l'economia legata alla valorizzazione del legno sia per quella di uso energetico.