Il Kosovo deve far fronte ad alcune sfide per la sicurezza perché la situazione si manifesta instabile e fragile. Così si è espresso il generale italiano Giovanni Fungo, comandante della KFOR, durante il suo intervento ad un dibattito per quanto riguarda la sicurezza nei Balcani occidentali che è stato svolto davanti a una commissione del Parlamento Europeo a Bruxelles. Facendo riferimento ai media locali, il generale ha sottolineato il problema dell'estremismo religioso, il radicalismo ed il terrorismo che secondo lui sono il risultato della povertà e della disoccupazione.
Altri problemi che Fungo ha voluto mettere in evidenza sono anche quello dei migranti e dei profughi ed una forte influenza russa in Kosovo.
Giovanni Fungo: "Vi è una forte influenza della Russia nella regione, anche se non ci sono prove su un coinvolgimento diretto di Mosca". Secondo lui, tutto ciò è un grande pericolo per la sicurezza ed anche per il fatto che tanti combattenti che dal Kosovo sono andati a far parte dei gruppi di jihadisti islamici in Siria e Iraq, potranno ritornare nel paese, dopo la loro uscita dalle carceri.
Secondo alcune statistiche, si calcolano all'incirca 300 cittadini kosovari che hanno deciso di unirsi alle organizzazioni terroristiche.
Crimini di guerra
Effetti negativi sulla sicurezza in Kosovo secondo il generale Fungo potrebbero venire fuori delle inchieste e probabili processi che il Tribunale dell'Aja potrà avviare per i crimini di guerra compiuti da ex leader e combattenti dell'Uçk, l'esercito di liberazione del Kosovo, durante gli anni '90 nel conflitto armato con i serbi.
Per il comandante italiano di Kfor, la sicurezza del Kosovo dipende molto da tutti questi elementi importanti ai quali si unisce anche l'incertezza politica e la mancanza di comunicazione tra Prishtina e Belgrado.
Le autorità kosovare ritengono giuste le osservazioni fatte e dopo aver affrontato il problema della radicalizzazione dei propri cittadini, ora si stano impegnando ad organizzare delle strategie adeguate per affrontare il ritorno di queste persone, per la loro migliore reintegrazione nella società e per aiutare anche le loro famiglie.
Diverse associazioni che lavorano in questo campo, aiuteranno le istituzioni del paese ad affrontare il ritorno di quelle persone che secondo le autorità si sono pentite delle loro azioni e la loro radicalizzazione. Per organizzare tutto e per dare il via a questo progetto, il Kosovo ha tempo fino ad aprile 2018, mese e anno in cui finirà di scontare la pena il primo detenuto, che farà ritorno in patria.