Il braccio di ferro tra Madrid e Catalogna continua. E nessuna delle due parti intende mollare. La vicenda catalana arriva all’apice questa settimana. Per martedì 10 ottobre è prevista la dichiarazione unilaterale d’indipendenza al Parlamento catalano. Il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, presenterà i risultati del referendum per l’indipendenza svolto il 1° ottobre, in mezzo a scene violente e scontri con la polizia. La votazione della scorsa domenica è avvenuta in modo irregolare, senza schede elettorali né registri e sembra che molti elettori abbiano votato più di una volta.

Comunque, il governo catalano insiste nell'affermare che il 90,18% dei voti siano stati a favore dell’indipendenza e l’affluenza, nonostante le difficoltà, sia stata del 43%.

Ieri, a Barcellona circa 350 mila persone hanno partecipato ad una manifestazione contro l’indipendenza della catalogna, secondo la polizia municipale. Era presente il premio Nobel per la Letteratura, Mario Vargas Llosa. Gli organizzatori avevano previsto una partecipazione di circa un milione di persone.

La posizione del separatista Carles Puigdemont

Il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, si è detto pronto a pronunciare la dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Si è reso disponibile ad un dialogo con il governo di Mariano Rajoy, ma in caso di trovare la porta chiusa, non cederà sulle intenzioni separatiste.

“Noi abbiamo aperto la porta alla mediazione – ha spiegato Puigdemont -. Abbiamo detto di sì a tutte le possibilità di mediazione che ci sono state presentate. Ma il tempo passa e il governo spagnolo non risponde, per cui faremo quello che dobbiamo fare, dichiarare l’indipendenza”. Per domani è prevista la seduta in Parlamento alle 18:00.

L’unico tema da affrontare, secondo l’ordine del giorno, sarà la crisi politica attuale. L’opposizione, guidata dal partito Ciudadanos, teme che il Parlamento cerchi di votare la dichiarazione unilaterale d’indipendenza.

Cosa succede al movimento separatista

Quella della Catalogna è la peggior crisi politica vissuta negli ultimi anni nella Spagna democratica.

La legge per l’organizzazione del referendum, approvata dal Parlamento catalano, prevede la dichiarazione dell’indipendenza entro le 48 ore successive al referendum. Tuttavia, la dichiarazione è stata rimandata. All’interno del movimento separatista catalano cominciano le prime crepe tra gli estremisti, che vogliono la separazione immediata dalla Spagna, e i moderati che cercano l’apertura di un dialogo con Madrid. La scorsa settimana Santi Vila, responsabile delle imprese al governo catalano, ha chiesto un metaforico “cessate il fuoco”. La recente fuga di imprese e banche dalla Catalogna potrebbe essere un duro colpo contro l’economia della regione.

I consigli degli analisti di Unicredit

Per gli analisti di Unicredit, la situazione che vive la Spagna è da considerarsi una “crisi costituzionale”, già che il 40% dei catalani ha comunque votato a favore della separazione nel referendum del 1° ottobre.

In un report, gli analisti della banca italiana dicono che “nonostante il voto sia contro l’ordine giudiziario del Tribunale Costituzionale, per cui illegale dal punto di vista di Madrid, il referendum sta avendo molti effetti politici per un governo regionale che non vuole riconoscere l’autorità nazionale”. “Il governo di Rajoy – sostengono gli analisti – adesso deve agire nel rispetto di un complicato equilibrio: mantenere la propria integrità territoriale consacrata nella Costituzionale, e allo stesso tempo smorzare le tensioni con i secessionisti, che potrebbero degenerare e dar luogo a uno scontro aperto tra Madrid e Barcellona”. Secondo Unicredit, l’applicazione dell’articolo 155 dovrebbe avvenire solo dopo la dichiarazione unilaterale d’indipendenza della Catalogna.