Nigel Farage, il fondatore dello Ukip (Partito del Regno Unito), dopo il vittorioso referendum per la Brexit del giugno 2016 era uscito di scena. Il partito aveva raggiunto l’obiettivo e il suo leader aveva preferito mettersi da parte. Dopo tre anni e continui rinvii però, la Gran Bretagna non è ancora ufficialmente uscita dall’Unione Europea. Ed ecco che, in concomitanza con le elezioni del Parlamento europeo, Nigel Farage riappare sulla scena politica d’Oltremanica e del vecchio continente.

E’ un rientro prepotente, quello del brexiter per eccellenza.

Il suo nuovo Brexit Party, in pochi mesi, sta per celebrare il più rapido successo elettorale mai registrato in Gran Bretagna. I sondaggi lo danno vicino al 30% dei voti, superando di slancio tutti i partiti tradizionali. Il partito laburista è dato al 14% e il conservatore di Teresa May soltanto al 12%. Sono stati questi disastrosi sondaggi che hanno indotto la premier conservatrice ad annunciare in lacrime le sue dimissioni con decorrenza 7 giugno.

Il programma di Nigel Farage

Il programma con il quale Nigel Farage si presenta trionfalmente a queste elezioni è talmente semplice che si basa su un unico punto: hard brexit. Nessun accordo, quindi, ed uscita netta dall’Europa alla scadenza del 31 ottobre.

Solo a quel punto si provvederà a rinegoziare tutti i rapporti commerciali del Regno Unito ma con l’Organizzazione Mondiale del Commercio e non con la Ue.

Quello che predica Nigel Farage non rischia di travolgere soltanto la Gran Bretagna. Sono anni che il suo linguaggio rivolto alle “piccole ordinarie persone” trova consensi in Europa.

Proprio tra le persone comuni che, secondo il brexiter: «sono state oppresse durante gli ultimi anni e hanno visto il loro standard di vita andare giù». Quell’ ampio elettorato europeo che rifiuta le grandi politiche, le multinazionali, le banche e rivuole i confini, la piena indipendenza e l’autogoverno. In una parola: i sovranisti.

Nigel Farage veicola Boris Johnson alla guida dei conservatori inglesi

Nel frattempo, le annunciate dimissioni di Theresa May hanno innescato la corsa per la leadership all’interno del partito conservatore. Poiché le elezioni europee non investono la composizione del parlamento britannico, il nuovo leader conservatore diverrà automaticamente il nuovo Primo ministro britannico. A meno che la Camera dei Comuni gli neghi la fiducia. In tal caso si arriverà a nuove elezioni anticipate, con lo spauracchio di Farage dietro l’angolo.

Il successo di Nigel Farage nei sondaggi sta sorreggendo la candidatura alla leadership di Boris Johnson il più duro avversario della Ue, all’interno del partito conservatore.

Dalle indagini, sembra che il 40% del partito gli sia favorevole. Ma la necessaria maggioranza della metà più uno dei consensi, per Johnson, sembra ancora lontana.

I suoi avversari sembrano addirittura più deboli, con posizioni divergenti e difficilmente conciliabili. Chiunque, dei conservatori, succederà alla May, quindi, si troverà a guidare un partito diviso e senza una linea politica chiara. Inoltre, una volta nominato premier dalla regina, il nuovo leader dovrà presentare il suo programma politico alla Camera per la fiducia.

Anche Johnson, come Farage, è un sostenitore dell’hard brexit, cioè di un’uscita senza accordo. Ma tale opzione è già stata rifiutata dal parlamento, pur senza averne indicato un’alternativa.

Inoltre, Johnson è da troppi considerato ambizioso, inaffidabile e senza scrupoli, oltre che superficiale al pari di Farage. Non è detto, quindi, che i suoi avversari all’interno del partito votino compatti per lui, se dovesse presentarsi alla Camera con l’incarico di Primo ministro.

Una situazione di incertezza politica che potrebbe condurre la Gran Bretagna a elezioni anticipate o a un nuovo referendum sulla brexit, con diverso quesito. Ciò non potrà che avere gravi riflessi economici. Le cassandre già prevedono un rallentamento dell’economia inglese se non addirittura l’ingresso in recessione, a fine anno. Ciò avrebbe come conseguenza inevitabile il taglio dei tassi d'interesse da parte della Banca d’Inghilterra ed un ulteriore deprezzamento della sterlina. Anche i più ottimisti, tuttavia, non riescono ad immaginare altro che uno scenario molto volatile, con forti rischi di ribasso.