Renzi vuole cambiare il mondo del lavoro e l'Italia. L'ha detto. Nonostante questa nuova riforma del lavoro stia scatenando numerose polemiche, il governo non si ferma: bisogna cambiare le coordinate del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali. Non solo abolizione dell'articolo 18, quindi. Anche se l'abolizione dell'articolo 18 è, pur sempre, una delle misure fondamentali della nuova riforma del lavoro del governo Renzi per rendere più appetibile il nuovo contratto di lavoro "a tutele crescenti".
Ma in cosa consiste, nello specifico, la riforma che ha in mente Renzi? La parola d'ordine del nuovo lavoro targato Renzi è: semplicità.
Esisteranno, infatti, solo due forme di lavoro: autonomo e dipendente. A sua volta il lavoro dipendente si dividerà in tempo determinato e tempo indeterminato a tutele crescenti. E qui si gioca la partita di Renzi. La riforma del lavoro vuole, infatti, incentivare le assunzioni a tempo indeterminato con sconti alle aziende rispetto ai contratti a termine. Non solo agevolazioni, però. Se un'azienda dovesse interrompere il contratto di lavoro indeterminato prima del tempo dovrebbe restituire allo Stato lo sconto di cui ha beneficiato. Una sorta di penale suoi contratti, insomma. Queste nuove tipologie di contratto inizierebbero ad essere siglate solo da dopo l'entrata in vigore della legge. Resterebbe, quindi, un forte bacino di lavoratori con vecchi contratti protetti ancora dall'articolo 18.
Inizialmente 6 milioni, anche se il numero dovrebbe progressivamente restringersi.
Ma quanto tutelano queste "tutele crescenti"?
Tutele crescenti non vuol dire posto fisso. Questo appare abbastanza chiaro. No articolo 18 significa no possibilità di reintegro (concessa solo per motivi discriminatori). Le aziende potranno, infatti, licenziare i lavoratori senza difficoltà, pena un pagamento di un indennizzo al lavoratore licenziato e la perdita degli incentivi statali. Un concessione necessaria fatta da Renzi alle regole del mercato per far ripartire l'economia italiana. Qui, però, è nata la polemica. La sinistra del Pd auspica il reintegro della tutela dell'articolo 18 quanto meno per quei lavoratori inseriti in una azienda per più di tre anni.
Il Nuovo centrodestra, al contrario, insiste solo per un indennizzo crescente. Se licenziato, il lavoratore a tutele crescenti avrebbe pur sempre diritto all'indennità di disoccupazione dello Stato. A tal proposito il governo è a caccia di circa un miliardo e mezzo da mettere nella legge di Stabilità per il 2015. L'indennità avrebbe, però, un tetto e una durata massima e il lavoratore sarebbe obbligato ad accettare le offerte di formazione e di lavoro proposte, pena la perdita dell'indennizzo.
"Leggo oggi sui giornali - commenta l'ex segretario Pd Bersani - come attribuite al governo, delle intenzioni ai miei occhi surreali. In alcuni casi si descrive un'Italia come vista da Marte". Così ha reagito la sinistra del Pd a questa proposta di riforma del lavoro.
E la risposta di Renzi non si è fatta attendere "Minoranza Pd casca male". Staremo a vedere chi finirà con le gambe all'aria. Bersani, Renzi o semplicemente i lavoratori? Cosa ne pensate di questa nuova riforma del lavoro?