La crisi potrebbe incidere pesantemente sul futuro degli italiani e non solo sul lavoro, nonostante il tasso di disoccupazione che cresce a vista d'occhio e i salari che restano bloccati o addirittura scendono. L'effetto di un'economia in decrescita si sentirebbe fortemente anche sul sistema previdenziale, che virando sul contributivo rischia di garantire nei prossimi anni una mensilità pensionistica troppo bassa nel momento in cui ci si ritirerà dal lavoro. Ed è proprio il Mefop, la società co-partecipata dal Ministero dell'Economia e fondata nel 1999 per sviluppare il mercato della previdenza privata, a sottolineare questo aspetto: secondo un rapporto dell'istituto diffuso recentemente, la crisi ha un effetto pesante sui meccanismi previdenziali basati sul pay as you go, cioè sul fatto che le rendite pagate in pensione siano il risultato del montante accumulato durante l'attività lavorativa.
Quando l'economia va in crisi, anche le pensioni rischiano di andare in difficoltà
Il pilastro previdenziale potrebbe quindi dimostrare poca resilienza se la crisi dovesse proseguire su questi binari. E non si tratta solo di guardare alle Pensioni private e alla mancanza di risorse in afflusso; anche le possibilità di riforma della pensione pubblica diventano più esigue. Tanto è vero che fino a pochi mesi fa, quando le previsioni erano di un ritorno alla crescita, il Governo si dimostrava più che disponibile verso la possibilità di introdurre nuovi strumenti previdenziali come forma di risoluzione per le vicende di esodati, lavoratori precoci, precari in età avanzata e per tutti coloro che risultavano coinvolti in una situazione di disagio.
Il tema della pensione anticipata rimandato a data da destinarsi
Mentre le pensioni private rischiano di non decollare a causa dei bassi contributi versati, quelle pubbliche restano bloccate nell'attuale situazione di stallo. La possibilità di una flessibilizzazione dell'uscita dal lavoro, con l'istituzione della pensione anticipata, potrebbe diventare una chimera o richiedere molti più sacrifici rispetto a quanto inizialmente stimato.
Come abbiamo visto in precedenza, il prepensionamento dovrebbe essere la soluzione definitiva per un'ampia platea di lavoratori disagiati o disoccupati, ma i requisiti di 62 anni di età e di 35 anni di contribuzione potrebbero non risultare più sufficienti in un Paese che non accenna a stabilizzarsi fin dalla crisi dell'ormai lontano 2008.
L'unica soluzione potrebbe arrivare dalla spending review, ovvero da un taglio della spesa pubblica sufficiente a rimettere i conti in ordine e a liberare risorse da destinare alla previdenza. Molto più facile a dirsi che a farsi, visto che già gli ultimi due Governi ci hanno provato e non sono riusciti ad ottenere risultati incisivi, nonostante operassero in uno stato di "emergenza economica" e avessero ampia libertà d'azione.