"L'area della nuova povertà può essere ridotta se consentiamo, introducendo un criterio di flessibilità nel sistema pensionistico, l'uscita dal lavoro a partire dai sessantadue anni con trentacinque di contributi ed una lieve penalizzazione del'assegno pensionistico". Le parole sono del Presidente della Commissione lavoro alla Camera Cesare Damiano, che ha effettuato l'ennesima richiesta d'intervento sulla questione dei lavoratori disagiati e dei disoccupati in età avanzata, una platea di persone che si è trovata ad essere esclusa dalla quiescenza a causa del repentino innalzamento dei parametri anagrafici e contributivi avvenuto con la riforma Fornero del 2011.

Attualmente sarebbero in fase di determinazione da parte dei tecnici Inps delle soluzioni di flessibilità, tanto che entro il prossimo mese di giugno il Neo Presidente Boeri invierà un dossier contenenti le proposte di modifiche al Ministro del lavoro Poletti. Ma nel frattempo, anche la politica sta lavorando a delle soluzioni di flessibilità previdenziale.

Riforma pensioni 2015: il Parlamento discute su ipotesi di flessibilità con quota 100 e quota 97

Stante la situazione, il Parlamento sta discutendo ormai da diversi mesi alcune proposte di modifica all'attuale sistema di accesso all'Inps, non senza qualche scetticismo da parte dei lavoratori potenzialmente destinatari delle proposte.

Il problema resta la mancanza di attuazione che fino ad ora ha accompagnato le ipotesi di soluzione, un fenomeno dovuto alla difficoltà di reperire le risorse finanziarie utili a garantire l'esecuzione dei provvedimenti. Dal punto di vista operativo, le vie più battute dalla Commissione lavoro alla Camera sono quelle che mirano ad offrire la pensione anticipata tramite il sistema la quota 100 o la quota 97.

La prima prevede semplicemente di unire l'età anagrafica con quella di contribuzione: si tratta della possibilità maggiormente flessibile, ma anche di quella più onerosa per le casse dello Stato. La seconda pone invece uno sbarramento ai 62 anni di età e il vincolo di almeno 35 anni di versamenti, con una piccola penalizzazione del 2% per ogni anno mancante rispetto ai nuovi requisiti.

Questa seconda ipotesi viene considerata maggiormente fattibile perché il suo impatto sulle casse pubbliche risulta più contenuto.

Riforma previdenziale, per i lavoratori precoci la Commissione lavoro punta all'uscita con 41 anni di età

La terza ipotesi di flessibilizzazione esula il meccanismo delle quote per concentrarsi esclusivamente sugli anni di versamenti accumulati dai lavoratori. Si tratta della pensione anticipata con il tetto dei 41 anni di contributi, un meccanismo ideato per andare incontro ai lavoratori precoci che hanno iniziato la propria attività lavorativa in giovane età e che non riescono ad accedere alla quiescenza a causa del nuovo sbarramento anagrafico: "41 anni di contributi ci sembrano una proposta equilibrata, considerando che prima della Riforma Fornero si usciva sì con 40 anni, ma bisognava mettere in conto un'attesa di 12 mesi almeno per accedere al vitalizio" conclude l'On.

Damiano al riguardo di quest'ultima proposta.

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