Prosegue implacabile il dibattito sulla delicata questione dei rimborsi previdenziali: il nodo da sciogliere risiede non tanto nella mancata rivalutazione delle mensilità (ribadita tramite la sentenza numero 70/2015 della Corte Costituzionale), quanto nel modo in cui questa dovrà essere applicata. Il Governo Renzi ha riconosciuto la decisione dei costituzionalisti e non intende opporvisi, ma resta da giocare ancora la partita dei criteri con cui si darà applicazione alla vicenda. Sul piatto, vi sono parecchi miliardi di euro ed il fatto che il Ministro dell'economia Padoan ha già chiarito di non voler ricorrere ad una nuova manovra correttiva per poterli impiegare.
Sta di fatto che le altre strade percorribili restano la ricerca di nuove aree di risparmio e l'impiego del Tesoretto reperito nel Def, oltre alla delimitazione dell'area di rimborso cercando di individuare coloro che hanno effettivamente diritto ad ottenere l'adeguamento all'inflazione.
Decisione Consulta e pensioni: il punto della situazione a inizio maggio 2015
D'altra parte, fare il punto della situazione sulla vicenda è tutt'altro che semplice. Per prima cosa, bisogna distinguere quel che riguarda il passato dalla situazione presente e da quello che avverrà nel prossimo futuro. Infatti, se è vero che la decisione della Consulta riguarda il biennio 2012 - 2013, bisogna anche sottolineare come la vicenda è destinata ad avere delle profonde ripercussioni nel futuro, visto che l'area di rivalutazione dovrà essere garantita anche per i mesi e gli anni a venire.
Proprio per questo motivo il Governo starebbe studiando come rimodulare la sentenza, visto che non è ipotizzabile per ovvi motivi di bilancio e di equità sociale il fornire una rivalutazione a chi percepisce Pensioni da diverse migliaia di euro al mese.
Novità rimborso pensioni, ecco come il Governo sta pensando di delimitare l'area di adeguamento all'inflazione
Stante la situazione, le ultime stime riportate dal Corriere della Sera parlano di un possibile limite sulla soglia dei 3.000 - 3.500 € lordi al mese; oltre queste cifre l'adeguamento all'inflazione verrebbe considerato iniquo, pertanto bloccato tramite la riscrittura della norma.
I rimborsi arriverebbero per tutti gli altri, ovvero per coloro che percepiscono una pensione superiore alle 1.450 €, mentre chi è al di sotto di tale cifra ha già ottenuto l'adeguamento perché esentato dal contributo di solidarietà. Così facendo, la misura diventerebbe sicuramente sostenibile perché il costo sarebbe di circa un terzo rispetto ai 16 miliardi stimati nel caso peggiore, nel quale si era ipotizzato di dover rivalutare gli assegni dell'intera platea dei pensionati.
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