"Va considerato che il sistema previdenziale ha bisogno di correzioni, come l'introduzione di un criterio di flessibilità nell'uscita dal lavoro a partire dai 62 anni". Le parole dell'Onorevole Cesare Damiano richiamano all'attenzione del Governo e del pubblico la necessità di concentrarsi su chi sta effettivamente vivendo delle situazioni di disagio. Il richiamo è tutt'altro che scontato, perché la diatriba scoppiata dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale in merito alle mancate rivalutazioni delle Pensioni rischia di far andare in secondo piano i drammi vissuti da chi non ha ancora avuto la fortuna di poter accedere al vitalizio pubblico.

Basta ricordare infatti che nonostante le numerose sanatorie e salvaguardie che si sono susseguite negli ultimi anni, sono ancora molti coloro che risultano bloccati in una situazione di stallo. Dagli esodati e dai precoci non salvaguardati fino a coloro che sono rimasti disoccupati in un'età troppo giovane per poter ottenere la quiescenza con i nuovi requisiti e troppo anziana per il reinserimento. Ma nella platea di coloro che attendono risposte vi sono anche le lavoratrici opzione donna, i quota 96 della scuola e tutti i giovani che non trovano un lavoro a causa del blocco nel turn over.

Riforma pensioni, Governo consideri quota 97 per non aggravare problemi nel comparto della previdenza

"C'è il rischio di chiudere una falla e di aprirne altre procedendo per aggiustamenti parziali e contraddittori" prosegue Damiano, inviando un monito all'esecutivo: "il Premier Renzi non ama la concertazione, ma in questo caso il ripristino del dialogo sociale sarebbe salutare per il Governo".

D'altra parte, la Commissione lavoro alla Camera sta lavorando ormai da lungo tempo a delle ipotesi di risoluzione dell'attuale impasse previdenziale, anche con un lavoro di limatura e con la disponibilità a fare delle concessioni al fine di tutelare la stabilità di bilancio. Si pensi al dietrofront manifestato nei confronti della quota 100, un'ipotesi di flessibilità che si sarebbe rivelata troppo onerosa per i conti pubblici e che ha lasciato il posto ad una più parca quota 97.

Il pensionamento flessibile sarebbe così garantito a partire dai 62 anni di età, con 35 anni di versamento e una penalizzazione sulla mensilità erogata (mentre per tutelare i lavoratori precoci si pensa alla quota 41). 

Damiano a Governo: no a provvedimenti unilaterali che rischiano di generare errori 

Per provare a riportare ordine nella matassa previdenziale, bisogna cercare di non farsi condizionare solo dalle questioni urgenti ma piuttosto di tenere in considerazione anche le problematiche che hanno raggiunto una connotazione cronica.

Così, Damiano ricorda ancora una volta che "le decisioni unilaterali portano più facilmente a compiere degli errori". L'ex Ministro del lavoro pensa che la miglior soluzione possibile possa arrivare solo se tutte le parti interessate si siedono attorno ad un tavolo, per cercare di "calibrare la distribuzione delle risorse tra le varie correzioni da apportare". 

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