Se il governo Renzi e il premier in persona speravano che il polverone sollevato con la mobilitazione contro la riforma scuola 2015 rientrasse, complice il caldo estivo e la voglia di "vacanza", dovrà probabilmente ricredersi: il mondo della Scuola e delle associazioni (spesso indipendenti da qualsiasi sindacato) restano sul piede di guerra e gli appuntamenti e le discussioni proseguono con grande lena e partecipazione. Non si vedeva una mobilitazione così complessa e articolata da decenni e la riforma scuola Renzi, nonostante sia oramai in dirittura d'arrivo e sia passata con un "colpo di mano politico", la richiesta della fiducia ad un maxiemendamento non discusso in Commissione, potrebbe presentare importanti profili di incostituzionalità: a sostenerlo è Alberto Lucarelli, docente di Diritto Costituzionale dell'Università di Napoli "Federico II".

La mobilitazione contro la riforma scuola Renzi continua

Le strategie che le associazioni e i docenti intendono mettere in campo contro la riforma scuola Renzi sono molteplici e variegate.

In primo luogo, la manifestazione del 7 luglio, quando il ddl "Buona scuola" sarà con ogni probabilità approvato alla Camera (il PD, del resto, non ha presentato neanche un emendamento): la speranza non è di bloccare l'iter parlamentare, quanto dimostrare come il mondo della scuola non si arrenda - l'appuntamento viene considerato particolarmente importante.

In secondo luogo, una strategia di "pressione" sul Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché non apponga la sua firma alla riforma scuola Renzi: la motivazione sono i profili di incostituzionalità che il provvedimento porta con sé.

Secondo il costituzionalista e docente Alberto Lucarelli sono molti gli indizi di incostituzionalità: 1) l'alternanza scuola-lavoro lede la costituzionalità del "diritto allo studio": imporre come obbligatorie 400 ore di lavoro potrebbe costituire un vulnus; 2) la scelta dei docenti da parte del preside-padrone e la possibilità di essere chiamati per altre classi di concorso potrebbero costituire un vulnus per quanto riguarda l'uguaglianza e la libertà d'insegnamento, ma anche per quanto riguarda l'imparzialità dell'agire amministrativo; 3) le premialità e le penalizzazioni decise dal preside-padrone ledono ancora una volta la costituzionalità della "libertà d'insegnamento" (non c'è criterio oggettivo: in teoria, un preside potrebbe agire a seconda della simpatia individuale o perché un docente è più "mansueto" di un altro); 4) le risorse esterne per la scuola violerebbero il principio per il quale l'istruzione deve essere garantita a tutti alla pari: una zona più ricca potrebbe attrarre più risorse e la scuola diventare più "ricca", una zona più povera non attirerebbe risorse e la scuola continuerebbe a divenire ancora più "povera".

Infine, si fanno avanti altre ipotesi: quella del referendum abrogativo, per il quale, però, sarebbero necessarie circa 2milioni di firme e lo sciopero a settembre del primo giorno di scuola.

Insomma, la riforma scuola Renzi continua a non piacere al mondo della scuola e continua a presentare profili di incostituzionalità, non resta che attendere cosa succederà nei prossimi tempi. Se volete restare aggiornati su questa questione, il consiglio è di cliccare su "Segui" in alto sopra il titolo dell'articolo.