La gran cassa mediatica del governo sul successo del jobs act, è iniziata. Del resto i dati sull'incremento delle assunzioni a tempo indeterminato paiono eloquenti. Evidentemente si tira un po' il fiato, almeno tendenzialmente, sul fronte dell'occupazione. Ma come i saggi sanno non è tutto oro, ciò che luccica. Sono dati drogati da una serie di fattori

Innanzitutto, le trasformazioni dei contratti in essere a tempo determinato, apprendisti compresi, ha coinvolto oltre 300mila lavoratori. Quindi non stiamo parlando di nuove assunzioni. Sostanzialmente la metà dei nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato (638.240).

Stabilizzato? No, grazie

Certo, direte meglio un lavoratore stabilizzato che uno precario. Anche in questo caso sarei cauto sull'aggettivo. Perché di stabilizzato non vi è nulla. I cosiddetti contratti a tutele crescenti, non tutelano nemmeno la speranzae chi è stato assunto oggi non potrà iniziare affatto a contrarre mutui, chiedere prestiti come se piovesse e via dicendo, perché tre anni sono lo spazio di un mattino e non farà altro che risparmiare il più possibile, fintanto che avrà un reddito. Nell'attesa che il suo contratto venga prolungato ed allineato agli altri. Altro che ripresa dei consumi.

Una riforma spot

La lacuna macroscopica di questa legge è molto semplice, non si tratta di una riforma strutturale.

Non agisce sul costo del lavoro dei prossimi anni. Come sempre la politica non ha visioni a lungo termine, poiché le elezioni si svolgono mediamente ogni tre-quattro anni. I numeri devono essere numeri, invece in Italia, si riesce a far diventare un'opinione anche la matematica. Perché vengono diffusi dati sul lavoro che provengono da fonti diverse.

Una che guarda alle teste, l'altra ai contratti. Quindi all'Osservatorio Inps, negli ultimi mesi si è affiancato Il Ministero del Lavoro, guidato da Poletti, con le note flash sulla dinamica dei contratti sul lavoro. Sarà un caso ovviamente. Senza dimenticare che le statistiche Istat, raccontano ben altra realtà. Il tasso di posti vacanti nelle imprese, rimane invariato- rispetto allo scorso trimestre- allo 0,6.

Sono quei posti di lavoro retribuiti -nuovi o già esistenti-purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro cerca attivamente un candidato adatto. Un reale indicatore della vitalità economica. Ormai siamo alle dimensioni parallele.

Ci rivediamo fra tre anni

Qualcuno si starà chiedendo se non sono uno dei soliti gufi o rosiconi, che soffre ardentemente quando gli indici economici sono positivi. Mettiamola così: gli effetti concreti di questa riforma, potremo verificarli solo al termine del triennio. Quando terminerà l'effetto della decontribuzione, avremo cifre esatte e soprattutto definitive sulla reale stabilizzazione dei lavoratori che rimarranno tali solo in aziende che non si sono limitate a sfruttare occasioni per risparmiare sui costi.