Pensione anticipata a 63 anni con 35 o addirittura 30 anni di contributi: è questa la formula di flessibilità in uscita che è tornata al centro delle ultime notizie in tema di riforma Pensioni. L’ipotesi è allettante ma la contropartita sono le penalizzazioni che vanno da un minimo del 3-4% fino a un massimo del 10-12%, base agli anni di anticipo rispetto alla maturazione dei requisiti ordinari. La riforma pensioni 2015 dovrà comunque fare i conti prima di tutto con 3 nodi principali: gli attuali esodandi, i disoccupati over 62 privi di ammortizzatori sociali e le donne.

Flessibilità e pensione anticipata, possibile riforma in due fasi

Alla base della riforma da attuarsi con la legge di stabilità al varo il prossimo 15 ottobre un rimaneggiamento della famosa “opzione donna”, affiancato da uno strumento mirato alla flessibilità contributiva che garantirebbe al lavoratore il versamento dei contributi da parte del datore di lavoro anche una volta estinto il rapporto. Si tratta di una misura senza dubbio ambiziosa vista la brevità dei tempi e non è affatto escluso che la riforma appena descritta possa articolarsi in due fasi, con un primo immediato intervento attraverso la manovra finanziaria riservato principalmente a esodati e pensioni donne. Malgrado tutto, ciò sarebbe auspicabile perché diversamente l’unica misura di stampo generalista immediatamente attuabile sarebbe quella a costo zero del prestito pensionistico.

Disponibile meno di un miliardo, difficile attuazione in tempi brevi

In effetti sembrerebbe questa l’ipotesi più plausibile, suffragata dalle parole del sottosegretario alla Presidenza, Claudio De Vincenti, che ai microfoni di Sky TG Economia ha spiegato l’intenzione del Governo di “evitare che il costo (della riforma pensioni ndr) abbia un impatto sulla finanza pubblica”, fermo restando che per qualsiasi intervento sulla flessibilità “deve esserci corrispondenza tra la flessibilità e contributi versati”.

I fondi del resto, se già erano scarsi prima figurarsi dopo la batosta del rimborso pensioni di agosto decretato in Cassazione: una spesa fuori programma che ha definitivamente affossato le finanze statali costringendo i tecnici ad un rimpasto di idee. Stando al Sole 24 Ore infatti, le risorse a disposizione sarebbero addirittura inferiori al miliardo, troppi pochi per dare dei correttivi concreti e soprattutto stabili.

In ogni caso, quali che siano i tempi e le modalità di attuazione della riforma, difficilmente verranno a mancare le discusse penalizzazioni su cui i sindacati puntano i piedi e attaccano chiedendo al Governo risposte concrete e immediate sulla flessibilità.