L'intervista rilasciata dal premier Matteo Renzi ai microfoni di Porta e Porta sembra chiudere definitivamente alla possibilità di un intervento strutturale di riforma delle pensioni per il 2015-2016: in realtà, i ritardi nelle proposte e i silenzi del governo in questi ultimi mesi avevano fatto sospettare che questa fosse la strategia che si intendeva mettere in campo. Le parole del primo ministro sono state molto nette e chiare: se riforma delle Pensioni ci sarà dovrà essere a costo zero per le casse dello Stato, il che equivale a dire che, seppure si deciderà di intervenire, lo si dovrà fare ammettendo la possibilità di una riduzione consistente dell'assegno.

Renzi ha detto che è probabile che nelle prossime settimane o nei prossimi mesi si riprenderà una discussione in questo senso e riporta alcune indicazioni ricevute da persone che ha avuto modo di conoscere girando l'Italia: c'è chi gli ha detto che sarebbe disponibile anche ad un taglio del 30% sul futuro assegno e chi non vorrebbe una penalizzazione maggiore del 10%. La motivazione di questo rinvio a data da destinarsi dell'intervento sulla previdenza viene motivato in questi termini: le nuove generazioni sarebbero troppo penalizzate da un provvedimento di questo tipo. Eppure, è possibile che le vere motivazioni siano altre, mentre nel frattempo cresce il rischio di conflitto sociale su questo punto.

Renzi, L'Europa, il neoliberismo e il rischio del conflitto sociale: ultime news sulla riforma pensioni 2015-2016

La categoria più penalizzata da parte del governo Renzi, alla luce anche di queste ultime dichiarazioni sul rinvio della riforma pensioni 2015-2016, è quella dei lavoratori e dei pensionati: quando un governo intende portare avanti le linee guida neoliberiste dell'Europa, deve tagliare le spese sul costo del lavoro e della previdenza, questo il vero motivo del Jobs Act e questo il vero motivo della cancellazione della riforma delle pensioni 2015.

Da un lato, dunque, l'Europa e i suoi dettami, dall'altro un'idea differente di coesione sociale nel quale non rientra più una concezione classica di 'welfare state'. Matteo Renzi, durante l'intervista a Bruno Vespa, ha anche chiarito come il suo governo stia facendo molto per gli italiani: ha ricordato gli 80 euro in più in busta paga e la promessa del taglio della Tasi e dell'Imu che sarà completamente a spese dello Stato, cioè lo Stato 'risarcirà' i Comuni.

Da chiedersi è perché tagliare Imu e Tasi (con vantaggio maggiore per i più ricchi, quelli che risparmieranno non 100 euro ma migliaia di euro per la propria 'villa') con evidente costo molto alto per lo Stato, piuttosto che intervenire sulle pensioni. Eppure, c'è un dramma sociale che potrebbe confluire nello scontro: la questione dei lavoratori precoci è particolarmente assurda, oltre l'idea che ad essere penalizzata debba essere la categoria più debole, quella dei pensionati o pensionandi. A dominare, al momento, è il senso di impotenza: è sempre più chiaro che il decisionismo di Renzi non guarda in faccia a nessuno e il ruolo dei sindacati è oramai svuotato del tutto. Difficile capire anche quali potrebbero essere le contromosse e soprattutto da chi dovrebbero o potrebbero partire. È tutto con le ultime news sulla riforma pensioni 2015 del governo Renzi; per approfondimenti cliccate su 'Segui' in alto sopra l'intestazione dell'articolo.