Si avvicina la data di presentazione della Legge di stabilità 2016 - entro il 15 ottobre - e, malgrado manchino pochi giorni, il Governo non ha ancora raggiunto un punto fermo sul capitolo “Pensioni. Le riflessioni sulle possibili ipotesi di flessibilità sono orientate verso quella più plausibile del prestito pensionistico “aziendale”. Stesso dicasi anche per le misure di salvaguardia degli esodati e quella dell’opzione donna, purché per quest’ultima si apportino correzioni sui requisiti – elevandoli - per l’uscita anticipata dal lavoro. Infine, troverebbe spazio nel “pacchetto pensioni” anche l’intervento della semplificazione delle ricongiunzioni avanzata dal presidente dell’Ente previdenziale.

Se, da un lato, alcune categorie di potenziali pensionandi chiedono maggiore flessibilità, dall’altro la sfida del Governo è quella di mantenere rigore nella spesa pubblica secondo le indicazioni fornite dall’Unione Europea in materia previdenziale. Tra le previsioni oggetto di discussione ed approfondimento, pare dunque stia recuperando una significativa possibilità di rientrare nella legge di stabilità 2016, quella del prestito previdenziale. Tuttavia, la maggioranza fa pressing sul Governo affinchè si opti per la scelta della flessibilità “generalizzata”: vale a dire, requisito anagrafico per l’accesso alla pensione, previsione di sistemi di incentivazione che possano garantire il riconoscimento di assegni pensionistici adeguati e non troppo penalizzanti, specialmente nei casi di disoccupazione involontaria.

La bozza prevede come prioritaria la misura volta alla salvaguardia dei lavoratori esodati, attingendo dalle risorse già destinate ma non ancora utilizzate, nonché quella dell’opzione donna estendendola a tutte le lavoratrici in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.

Prestito pensionistico

Giuliano Poletti, invece, si sofferma maggiormente sull’ipotesi del prestito pensionistico-previdenziale da garantire con il coinvolgimento delle aziende; potrebbe infatttiessere previsto o come contributo dell’azienda in favore dei lavoratori dipendenti oppure come contributo pubblico per coloro che sono rimasti senza lavoro a pochi anni dall’età pensionabile ed in più privi di ammortizzatori sociali.

Il datore di lavoro sarebbe tenuto a pagare i contributi per il lavoratore che accede alla pensione anticipata fino al raggiungimento dei requisiti pensionistici ed in più, dovrebbe pagare una quota della pensione che però verrebbe poi restituita dal lavoratore mediante trattenute sul trattamento pensionistico. Una misura di questo tipo inciderebbe minimamente sui conti pubblici.