Con la manifestazione del 28 novembre scorso di Roma probabilmente c'è stato l'ultimo debole segnale di vita da parte dei sindacati confederali rei di non aver dato seguito allo sciopero dello scorso 5 maggio e di non aver messo in campo tutte le strategie possibili di lotta per contrastare la legge 107 che con il concorso docenti sta per assestare il colpo di grazia alle legittime speranze di oltre 120 mila precari delle graduatorie di istituto di entrare in ruolo. I Partigiani della Scuola Pubblica denunciano senza mezzi termini l'immobilismo delle maggiori sigle dei confederali.

E lo fanno dal loro blog con una denuncia circostanziata dei misfatti compiuti in danno dei lavoratori della scuola.

Nascita spontanea di movimenti di tutela dei docenti

I Partigiani della Scuola Pubblica sono nati grazie ad una iniziativa spontanea in difesa dei diritti della categoria che i sindacati sembrano aver dimenticato al loro destino. Mezzi termini non ne usano quando affermano che la privatizzazione della scuola pubblica troverà la sua apoteosi con la realizzazione delle deleghe in bianco, tra le quali c'è quella della scuola dell'infanzia che il governo non ha voluto stabilizzare. Il risveglio della categoria di fronte a questi attacchi mostruosi alla scuola è stato spontaneo proprio perché nulla è stato fatto dai sindacati che nel frattempo hanno registrato copiose perdite tra i tesserati.

Il concorso docenti 2015già definito farsa da Silvia Chimienti sta per assestare il colpo di grazia definitivo per gli abilitati e invece di proporre azioni di contrasto le OO.SS. si nascondono.

Dove erano i sindacati?

La denuncia è forte perché sotto accusa finisce il rischio di saltare da una sedia sulla quale, a parere degli scriventi, i sindacati si trovavano arroccati per non perdere i loro privilegi.

Li accusano di non aver provato mai a cercare consensi tra gli stessi docenti senza mezze misure, a costo anche di andare “contra legem”, dal momento che in gioco c'era l'intera carriera e vita lavorativa. La scuola deve essere libera da imposizioni liberticide o da commerci culturali; in ogni caso senza interessi di lobbies di sorta.