Il concorso scuola 2016 è ancora nel caos: nonostante le promesse della pubblicazione del bando entro la prima settimana di dicembre, ad oggi l’atteso testo è ancora latitante e i tempi paiono allungarsi sempre di più. A pesare sulle tempistiche bibliche ci sarebbero i soliti problemi organizzativi che potrebbero far slittare ulteriormente l’uscita del bando (addirittura oltre gennaio si teme) con buona pace dei prof, mentre i sindacati rincarano la dose. L’ennesimo ritardo infatti desta qualche sospetto: che il governo stia prendendo tempo per prendere decisioni impopolari?
Concorso a cattedre, mancano ancora i bandi
Quando la nuova scadenza del mese di dicembre è stata oltrepassata, la data per l’uscita dei bandi di concorso è slittata ancora e il nuovo termine è diventato il 31 gennaio. Tuttavia, giunti quasi alla metà del mese senza riscontro di segnali positivi viene facile immaginare che la scadenza sarà nuovamente disattesa, tanto quanto risulta difficile (se non inutile) a questo punto elaborare altre previsioni. Qualcosa si è bloccato nell’ingranaggio che dovrebbe dare il via ai provvedimenti della nuova tornata concorsuale che tra il 2016 e il 2018 porterà all’assunzione di 63.712 nuovi insegnanti. Per ora l’unica certezza è quella che non ci sarà un bando solo ma almeno due, se non tre: uno per Scuola per l’infanzia e primaria, uno per la secondaria e forse uno specifico per il sostegno.
Intoppo burocratico o impasse politico?
Nonostante l’indignazione degli aspiranti e dei sindacati, dal Ministero rassicurano: i provvedimenti sono ormai pronti da un pezzo ma ancora mancano ancora le tabelle di distribuzione dei posti banditi e il regolamento sulle nuove classi di concorso. Quest’ultimo pare essere lo scoglio più grosso, fermo in attesa di essere recepito e approvato dal CdM come decreto.
Lungaggini burocratiche e organizzative dunque secondo la versione ufficiale, ma a sentire i sindacati la storia sarebbe un’altra. Da un lato ci sarebbero gli scontenti estromessi dal piano di assunzioni della riforma, dall’altro il nodo degli abilitati di seconda fascia, riluttanti all’idea di doversi mettere di nuovo in gioco sui libri e con l’ennesimo concorso pur avendo alle spalle anni e anni di supplenze.
Un problema politico alla base, che pone il governo su una china molto sottile sulla quale pesa ulteriormente la sentenza della Corte di Giustizia Europea dello scorso anno che ha condannato il paese all’assunzione dei precari scuola con più di 36 mesi di servizio per abuso di precariato nella scuola. Ad aggravare la situazione c’è poi la mobilità straordinaria: con i nuovi trasferimenti si potrebbe configurare uno scenario in cui buona parte dei posti vacanti al sud verrebbero occupati nuovamente, in barba a tutte le migliaia di docenti che negli anni passati hanno dovuto barattare l’entrata in ruolo con onerose trasferte. In questo modo rimarrebbero al sud pochissime cattedre da mettere a concorso, prospettando un nuovo esodo verso Nord.