La professoressa Gail Kinman, psicologa della salute sul lavoro presso l'Università di Bedfordshire e Psychological Association britannica, ha condotto uno studio (ripreso anche dal quotidiano britannico The Guardian) sul tema di estrema attualità in Italia: lo Smart Work.

Mentre il Governo italiano si appresta a varare una legge che incentivi questa modalità di lavoro, nei Paesi anglosassoni (che di questa forma di lavoro ne hanno fatto un “must” da anni) cominciano a manifestare qualche preoccupazione: a rischio è la salute degli Smart Worker.

Una ricerca condotta dalla professoressa Kinman mette in evidenza come sia difficile per i lavoratori “staccare la spina”, finendo per incoraggiare i dipendenti a rimanere sempre connessi e attivi. Lavorare al di fuori dell'ufficio può inoltre isolare i dipendenti limitandone fra l’altro le opportunità di carriera e favorendo un istinto a rimanere sempre attivi sul lavoro, così da mantenere costantemente gli ormoni dello stress a livelli pericolosamente elevati. Inoltre, a detta della Dr.ssa Kinman, le politiche di lavoro flessibile possono anche aumentare il rischio di cattive condizioni di lavoro, creano risentimento tra i colleghi e rischiano di generare confusione nella separazione tra lavoro e vita familiare e questo può risultare particolarmente stressante per alcune persone.

I dati della ricerca dimostrano che questa forma di organizzazione del lavoro può inoltre far concentrare il lavoro su poche persone lasciandone altre centinaia sotto utilizzate. I risultati presentati nella ricerca sono quindi un duro colpo ai sostenitori di misure più sofisticate per consentire alle persone di raggiungere un equilibrio tra lavoro e vita privata.

In Gran Bretagna, aziende e governo, hanno incoraggiato il telelavoro, il lavoro flessibile (da casa o con orari d’ingresso in ufficio flessibili) ed il part-time per ridurre le assenze dal lavoro a causa dello stress da lavoro e pendolarismo, ma le ricerche condotte in questi ultimi due anni dimostrano che questa metodologia non è, come detto, particolarmente efficace per la salvaguardia della salute dei lavoratori (la media di assenze dal lavoro per stress lavoro correlato in Gran Bretagna nel 2015 è stata di 10milioni di giornate, un valore comunque alto).

La principale criticità è che con questa metodologia di lavoro il dipendente è sempre raggiungibile (via telefono o mail) e questo non farebbe altro che aumentarne lo stress indebolendo il sistema immunitario. La Dr.ssa Kinman incalza ulteriormente dichiarando che "ci sono anche studi che suggeriscono che questi lavoratori cercano un modo veloce per rilassarsi, e questo lo fanno soprattutto bevendo alcol, inoltre tendono a cercare conforto con il cibo." Il tempo che si dovrebbe dedicare agli hobby, all'esercizio fisico vengono assorbiti dal lavoro. Il Prof Simon Wessely, presidente del Royal College of Psichiatrists ha dichiarato: "Non sappiamo perché, ma ci sono abbastanza prove che indicano, per esempio, un collegamento tra le circostanze psicologiche sul lavoro e malattie cardiache".

Un'altra preoccupazione è l'impatto nell’uso delle nuove tecnologie, quelle cioè che rendono possibile il lavoro flessibile.

Un rapporto Ofcom dell’estate 2015 ha dimostrato che, in media, gli adulti trascorrono ogni giorno più tempo usando la tecnologia che a dormire. Con l’utilizzo della nuova tecnologia inoltre il lavoro è diventato più intenso e permette alle persone di lavorare più velocemente, fare di più e di essere multi-task, ha detto la Kinman. La sua ricerca evidenzia inoltre un aumento delle persone che lavorano anche quando sono malate.

Insomma, mentre in Italia è boom nell’utilizzo delle metodologie “smart” con un numero sempre crescente di imprese che dichiarano di volerne approfittare, i dati che arrivano dal nord Europa sono tutt’altro che incoraggianti. E c’è di che esserne preoccupati.