E’ proprio vero che il meccanismo del calcolo delle Pensioni basato sui coefficienti di trasformazioneè equo? Il quotidiano La Stampa ha pubblicato un interessante studio che, al di là delle promesse del sistema, mostra un’enorme agevolazione della pensione delle donne rispetto a quella degli uomini. Per spiegare il sistema dei coefficienti è necessario esporre i punti sui quali poggia il calcolo della pensione contributiva: in primo luogo l’assegno pensionistico è variabile in base alla retribuzione percepita dal lavoratore. E’ essenziale anche il montante contributivo, ovvero quanto un lavoratore ha versato all’Inps nella sua carriera lavorativa, e la rivalutazione dei contributi all’inflazione.
Infine, le pensioni dipendono dai coefficienti di trasformazione, cioè da quelle aliquote che trasformano i contributi versati in pensione vera e propria. I coefficienti variano, a loro volta, in base all’età del contribuente e alla speranza di vita.
Pensioni donne favorite rispetto a quelle degli uomini: perché?
La prima considerazione sull’andamento dei coefficienti di trasformazione è che, a parità della retribuzione percepita e dell’anzianità contributiva, chi va in pensione oggi a 64 anni avrà la stessa pensione di chi andrà in pensione a 68 anni in futuro. Tale correlazione, però, non sempre si verifica: innanzitutto occorre considerare la differenza tra uomini e donne. Infatti, quando vennero istituiti i coefficienti dalla legge Dini di oltre vent’anni fa, l’uomo andava in pensione 5 anni dopo rispetto alla donna.
La parità tra sessi, dunque, sarebbe stata assicurata se i coefficienti della donna fossero stati di gran lunga più bassi di quelli dell’uomo pari alla differenza di un decennio: cinque anni per la differenza nell’uscita da lavoro e altrettanti per la maggiore speranza di vita della donna. In tal senso, la donna ha un beneficio consistente rispetto all’uomo.
La seconda distorsione del sistema dei coefficienti è relativa al momento in cui si va in pensione: chi, infatti, è andato in pensione a fine 2015 a 65 anni ha un coefficiente maggiore del 2,01 per cento rispetto a chi è andato in pensione alla stessa età ma pochi giorni dopo, a gennaio 2016 pur avendo, i due soggetti, una speranza di vita identica.