Con la Legge di Stabilità 2013, nel panorama previdenziale italiano è stato inserito un nuovo strumento, il cumulo dei contributi. Spesso si confonde questo nuovo strumento con la ricongiunzione o con la totalizzazione, ma anche se si somigliano, non sono la stessa cosa. Il Ministro Poletti, in questi giorni, rispondendo in Parlamento, ad una interrogazione, ha chiarito gli aspetti di questo istituto, rendendo noti i dati di quanti ne hanno usufruito. I numeri però non sono eccezionali, nonostante per il Governo, questo sia un provvedimento da estendere ulteriormente.

I dati del triennio e quelli del primo bimestre 2016

Nei tre anni in cui questo istituto ha iniziato la sua opera, 1889 persone lo hanno sfruttato, mentre nei primi due mesi di quest’anno, i beneficiari sono solo 47. I dati come dicevamo sono ufficiali, rilasciati dal Ministero del Lavoro. Il motivo di questa scarsa “affluenza” è di natura pratica, perché il cumulo, non è facilmente fruibile nonostante, oggettivamente, sia un prodotto nettamente migliore di ricongiunzione e totalizzazione. Tutti questi strumenti, raggiungono lo stesso risultato, cioè consentire a chi ha versamenti effettuati in diverse casse previdenziali, di riunire la loro storia contributiva per raggiungere i requisiti necessari alla pensione.

Il cumulo è nato come provvedimento a costo zero per i pensionati, cioè non costa nulla. La ricongiunzione per esempio è onerosa, perché i lavoratori che volessero ricongiungere i contributi sono tenuti a pagare una quota all’Inps, che va da poche centinaia di euro, fino a diverse migliaia per periodi di contribuzione lunghi.

La totalizzazione invece, non è a pagamento, ma per chi ne usufruisce è penalizzante perché prevede la pensione calcolata interamente con il contributivo.

Soggetti beneficiari e linee guida del cumulo

Un primo criterio che serve per utilizzare il cumulo, che poi diventa un deterrente al suo utilizzo è che serve solo per la pensione di vecchiaia (anche invalidità e reversibilità) e quindi per raggiungere il requisito minimo dei 20 anni.

Il cumulo infatti non è utilizzabile per le Pensioni anticipate e per recuperare i 42 anni e 10 mesi necessari per l’uscita dal lavoro. Altro fattore che incide negativamente sul cumulo è che per permettere la riunione dei contributi, bisogna non aver chiuso i 20 anni di contributi in una delle casse in cui ha versato. Lo strumento del cumulo è alquanto contraddittorio ecco perché poco utilizzabile. Un lavoratore che ha 30 anni di contributi INPS, nonostante abbia 13 anni di contributi versati nella gestione separata, non potrà unirli per raggiungere i 42 anni e 10 di contributi per la anticipata. Un lavoratore invece che ha 10 anni di contributi all’INPS ed altri 10 in un’altra gestione, potrà riunirli quando arriverà a 66 anni e 7 mesi di età, per raggiungere i 20 anni necessari di contributi.

Diversa storia per chi ha già 20 anni di contributi in una cassa ma ne ha molti nella gestione separata. I 20 all’INPS per esempio, completano in misura indipendente il requisito contributivo necessario per la vecchiaia a 66 anni e 7 mesi. Gli altri contributi, possono anche essere lasciati inutilizzati, i cosiddetti contributi silenti.