Con due recenti sentenze la Corte di Cassazione si è concentrata su importanti questioni legate alla normativa di cui alla Legge 104/92 che disciplina tutta una serie di tutele ed agevolazioni fiscali, detrazioni, provvidenze economiche per i soggetti in possesso della relativa certificazione di handicap. In tale normativa interviene anche la fruibilità dei permessi retribuiti ed altre agevolazioni che spettano alle persone portatrici di handicap o invalidità per far fronte alle loro esigenze e ai loro famigliari, tra cui anche il diritto di scelta della sede di lavoro.
La giurisprudenza sul punto è sempre stata molto attenta ad individuare e frenare l'abuso dei benefici concessi dalla 104/1992 prevedendo il licenziamento per giusta causa.
Licenziamento legittimo se l'assistenza non copre i periodi di permesso
Con la sentenza del 22 marzo n. 5574/16, la Cassazione si è sofferma sul caso di un lavoratore licenziato dall'impresa in cui era impiegato perché si era recato nell'abitazione del parente assistito soltanto per 4 ore, pari al 17,5% del tempo totale concesso in base alla 104/92. Sia il Tribunale sia la Corte d’Appello hanno ritenuto quindi legittimo il recesso datoriale per giusta causa essendo proporzionato all'evidente intenzionalità della condotta tenuta dal lavoratore, che provava un totale disinteresse del lavoratore dai principi generali di correttezza e buona fede del contratto di lavoro.
La Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che fruendo dei permessi retribuiti previsti dalla legge 104/92 aveva usufruito solo parzialmente del tempo concesso per l'assistenza al familiare. Secondo la Cassazione sulla giusta causa di recesso datoriale non incide il fatto che il dipendente si sia regolarmente recato dal famigliare disabile, non essendosi allontanato dalla propria abitazione per andare a svolgere altre attività lavorativa. Quello che rileva è l’accertamento di un incontestata ed evidente irregolarità sia sulla durata della permanenza e sia in termini di fascia oraria.
Non si può negare il diritto al trasferimento per chi ha la 104
Con la sentenza n. 5900/2016, invece, la Corte si è occupata del caso di una lavoratrice a cui è stata negata la richiesta di trasferimento in diversa sede dell'azienda per assistere in modo continuo il genitore con handicap. La donna si è vista costretta a chiedere un periodo di aspettativa in modo da potersi dedicare alla sua cura. L’azienda aveva motivato tale diniego con il fatto che sussistevano comprovate esigenze tecniche, produttive ed organizzative ostative al trasferimento richiesto, non essendo la lavoratrice l’unica in famiglia in grado di prestare taleassistenza. La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibili tali motivi perché l’azienda, cosi' come prescrive la legge, non ha dimostrato la sussistenza di straordinarie esigenze produttive che ostavano a tale accoglimento.
L'interesse all'accertamento del diritto altrasferimento del dipendente deve infatti sempre bilanciarsi con le esigenze della produzione dell’impresa. Gli ermellini, sulla scorta di tali motivazioni hanno condannato al risarcimento dei danni per il mancato accoglimento della domanda. Gli ermellini hanno inoltre quantificato tale risarcimento in misura pari alle retribuzioni dovute da quando la dipendente aveva domandato il trasferimento, sino al rientro dall'aspettativa. Per altre info di diritto potete premere il tasto segui accanto al mio nome.