Domani potrebbe essere un giorno particolare per quanto riguarda la riforma delle Pensioni che è ancora un cantiere aperto perché è in agenda l’apertura di un tavolo di discussione presso il Ministero del Lavoro. Il Ministro Poletti ha convocato le parti sociali per spiegare la proposta del Governo sul tema della flessibilità in uscita, l’APE o anticipo pensionistico. L’occasione sarà buona oltre che per ascoltare l’idea dell’Esecutivo, anche per affrontare le altre proposte in valutazione e tutte le altre urgenze da affrontare come quella dei precoci e della loro quota 41, la quota 100 ed i lavori usuranti.

L’APE è la sola via possibile?

Pochi giorni fa a Ballarò, su Rai 3, il Ministro Poletti ha sottolineato come il tema delle pensioni sia considerato dal Governo come uno dei tre più importanti da affrontare insieme all’abbassamento del costo del lavoro ed alla riduzione delle tasse soprattutto per il ceto medio. Nella prossima Legge di Stabilità quindi, il problema pensionistico e la flessibilità in uscita sarà per forza di cose affrontato. Il Governo ha già pronto o quasi il suo piano, l’anticipo pensionistico che però, da una prima lettura o interpretazione delle notizie che sono trapelate, piace poco. Per l’Esecutivo tutte le soluzioni, qualsiasi esse siano, devono pesare poco o niente per le casse dello Stato che non può permettersi grossi movimenti.

Ecco perché si è pensato all’APE, che consentirebbe a chi arriva a 63 anni di età, di uscire in anticipo dal lavoro grazie ad una pensione che viene erogata dalla banche in prestito, che poi dovrà essere restituita dal pensionato con piccoli prelievi mensili quando arriverà ad ottenere la pensione vera e propria con i requisiti oggi in vigore.

Infatti, l’APE non cambierebbe i 42 anni e 10 mesi di contributi che servono oggi per l’anzianità e neanche i 66 anni e 7 mesi per la vecchiaia. Sarebbe solo una concessione data a chi volesse anticipare l’uscita dal lavoro in cui l’Inps fungerebbe solo da garante del lavoratore che di fatto chiede un prestito ad una banca.

Precoci, usuranti e quota 100 restano difficili?

Come dicevamo, l’incontro potrebbe essere buono per ritornare a discutere di altre problematiche pensionistiche italiane che sicuramente l’APE non bonifica. I lavoratori che hanno iniziato a lavorare a 15 o 16 anni di età, i cosiddetti precoci dovrebbero essere trattati diversamente dagli altri per via della loro anzianità contributiva di lunga data. La quota 41 per loro dovrebbe essere un diritto ed i sindacati che la settimana scorsa sono scesi in piazza con i lavoratori per rimarcare proprio l’uscita anticipata, sicuramente non si accontentano della via anticipata tramite le banche e magari con assegni penalizzati per ogni anno di anticipo.

La proposta quota 41 infatti prevede che per i lavoratori precoci, una volta raggiunti i 41 anni di versamenti contributivi, l’uscita debba essere senza penalità, senza vincoli anagrafici e con le pensioni pagate dall’INPS.

In via alternativa, anche se per i precoci questo sarebbe più penalizzante, ci sarebbe quota 100, cioè l’anticipo della pensione una volta che sommando età e contributi versati, si arrivi a 100. In parole povere, la flessibilità in uscita resta un capitolo delicato da affrontare, con diversi esponenti politici e di Governo, tra i quali Damiano, che non vedono di buon occhio questo spostamento di responsabilità dallo Stato ad altri soggetti come possono essere le banche.