Mercoledì 21 settembre il Governo dovrebbe presentare il piano Pensioni per la prossima Legge di Bilancio. Per quel giorno infatti, in agenda è fissato un incontro tra Esecutivo e rappresentanti dei lavoratori. Ad oggi niente è ancora ufficiale perché dal Governo è uscito fuori solo la struttura dell’intervento con alcune ipotesi in campo, tra le quali APE e intervento sulle quattordicesime. Le aspettative sulla manovra sono molte e riguardano una vasta platea di lavoratori e pensionati che si aspettano novità importanti. Le indiscrezioni, voci e notizie più o meno fondate hanno però generato una notevole confusione tra i cittadini, ecco perché è necessario fare un po’ di chiarezza.

Nessun obbligo di scelta per i pensionati

L’APE è la trovata del Governo da spendere in virtù della flessibilità pensionistica. L’anticipo a partire dai 63 anni sarà sotto forma di prestito bancario erogato dagli istituti di credito e da restituire una volta scontati gli anni di anticipo. Avvantaggiati dall’APE saranno i disoccupati di lunga durata, gli invalidi e chi possiede redditi non elevati, per i quali la restituzione del prestito sarà a carico dello Stato. Una cosa da sottolineare è la non obbligatorietà di uscita, cioè l’APE sarà opzionale, nessuno obbligherà il lavoratore ad andare in pensione con il prestito. Oltre che gli aiuto, per così dire, di Stato, per le categorie sopra citate, si valuta di chiedere alle aziende che vogliono tagliare il personale anziano, a favore del turnover e del ricambio generazionale, di sostenere il lavoratore mandato in pensione accollandosi la rata di prestito.

Si cerca in definitiva, di rendere appetibile l’APE ad una vasta platea di lavoratori, per evitare il rischio flop come per il part-time pensione o il TFR in busta paga.

L’APE non è alternativa alla pensione anticipata

Un’altra cosa da sapere è che per l’APE servono almeno 20 anni di contributi e che le norme vigenti, quelle della Fornero, non vengono intaccate.

Ciò significa che l’APE si applica alla pensione di vecchiaia, quella che la Fornero ha fissato a 66 anni e 7 mesi. Non deve essere fatta confusione con la pensione anticipata che, sempre il Governo Monti ha issato a 42 anni e 10 mesi di contributi. Resta comunque la facoltà di scelta per i lavoratori che magari, a 63 anni e 38 o 39 anni di contributi, possono optare per l’anticipo in prestito, anche se le differenze tra le due vie sono sostanziali.

Infatti, attendere i 42 anni e 10 mesi di contributi, cioè lavorare ancora per circa 4 anni, da diritto ad una pensione intera, senza penalizzazioni e senza tagli. L’APE invece, soprattutto per questi lavoratori con numero di contributi elevati, non facendoli rientrare tra i soggetti tutelati, non avrà sconti. Uscire con l’APE significherà accettare un taglio notevole di assegno, soprattutto per chi deciderà di abbandonare il lavoro sfruttando tutti i 3 anni e 7 mesi di anticipo concessi con la nuova misura.