Si intitola "Stati d'animo" l'ultimo accorato post di Andrea detto il Toscano sul gruppo Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti. A nome della categoria, l'iscritto al gruppo ha ben esplicato le ragioni degli incessanti appelli dei precoci facendo riferimento alla sua personale esperienza. "Lavoro da 43 anni", scrive, "ma di contributi ne ho solo 41. Il mio lavoro, anche se formalmente non rientra nella fascia dei cosiddetti 'usuranti', mi arreca uno stress mentale e un'usura che nel mio caso non si misura nella quantità di fatica fatta".
Dopo anni di lotta "a tutela dei propri diritti", per i precoci l'ennesimo schiaffo è arrivato nelle ultime settimane: nella XI Commissione Lavoro con presidente Damiano il sentore era quello di un'imminente attuazione dei provvedimenti auspicati (vedasi Quota 41), ma per una mera "mancanza di risorse sufficienti" ‒ almeno sulla carta ‒ si è optato per la non-estensione della misura a tutta la categoria. Così, a usufruire della famigerata Quota 41 saranno solo i lavoratori disoccupati, disabili ed esercitanti attività usurante, in una divisione tra figli e figliastri che a pochi aggrada. Poi la critica alle forze politiche: "Si è stanchi, avviliti, sconfortati, perché anni di rimostranze sono valsi a poco e cozzare contro un muro di gomma fa solo male.
La voglia di lottare, comunque, c'è ancora: rimane viva leggendo la forza di amici e compagni di schieramento qui su Facebook".
Riforma Pensioni, giudizi e critiche
Per i lavoratori, l'"equità" (talvolta citata come "giustizia") sociale non è altro che "l’uguaglianza sostanziale dei diritti e dei doveri di tutti i membri di una determinata società, specie con riferimento all'equa distribuzione delle risorse economiche".
Tale concetto è stato più volte richiamato nelle repliche dei rappresentanti ministeriali, sebbene la stessa Riforma metta in luce un'evidente disparità nei trattamenti delle varie categorie di lavoratori.
Non sono mancate allusioni critiche alla misura di anticipo pensionistico o APe: "È assurdo che dopo una vita di lavoro si debba ricorrere a un prestito per andare in pensione", scrive Roberto Occhiodoro nell'ennesimo post di critica rispetto all'operato del Governo.
"Non è giusto far scontare a noi le colpe di qualcun altro, e quando dico ciò mi riferisco proprio alle colpe della classe politica, con gli annessi scandali di baby Pensioni, vitalizi, pensioni d'oro e prepensionamenti erogati a pioggia".
"Si parla tanto", denuncia ancora Occhiodoro, "di principi di flessibilità in uscita, ma personalmente non riteniamo che quella legata all'APe possa propriamente definirsi 'flessibilità'".
"In pochi potranno permettersi di accendere un mutuo alla veneranda età di 63 anni per vedersi garantire la pensione, diritto che prima di essere politico è anche e soprattutto di carattere etico. La nostra lotta per l'equità sociale (quella vera) prosegue".
Per ulteriori aggiornamenti, clicca sul tasto "Segui" accanto alla firma.