Le novità che la Legge di Bilancio ha introdotto in materia previdenziale sono molto importanti e soprattutto consentono l’uscita anticipata dal lavoro per molti soggetti. Le nuove norme sono la risposta all’esigenza di flessibilità del mondo previdenziale, ma è necessario capire quanto si perderà in termine di assegno, optando per uscire prima dal lavoro attraverso le novità. La Legge di Bilancio e quindi anche il suo pacchetto Pensioni entrerà in vigore dal prossimo 1° gennaio e si attendono entro marzo i decreti attuativi che lanceranno ufficialmente tutte le misure.

Oggi però è possibile fare chiarezza su che sacrificio viene richiesto ai pensionati rispetto a qualche anno in meno di lavoro.

L’Anticipo Pensionistico

L’APE è la novità più rilevante della previdenza italiana che entrerà in vigore dal 1° maggio 2017. Si potrà lasciare il lavoro a 63 anni di età con 20 di contributi e con importo e data di uscita che sarà a libera scelta del lavoratore. Questa la versione volontaria di APE, perché c’è quella sociale che prevede requisiti diversi e si applica solo a soggetti bisognosi di aiuto. Nella versione assistenziale servono 30 anni di contributi e bisogna essere disoccupati, invalidi o con invalidi a carico. Per chi svolge lavori logoranti e gravosi (11 categorie previste dal Governo in manovra), sono necessari 36 anni di contributi.

Nell’APE social ai pensionati non verrà chiesto nessun sacrificio, perché l’onere dell’anticipo sarà a carico dello Stato.

Diverso invece il caso dell’APE volontaria, cioè quando sarà il lavoratore, senza problemi tali da farlo rientrare nella versione sociale, a optare per l’uscita anticipata. La pensione pagata dall’INPS in anticipo, viene finanziata dalle banche che di fatto erogano un prestito a ciascun pensionato.

La durata del prestito varia in base agli anni di anticipo scelti dal lavoratore, ma massimo 3 anni e 7 mesi. Alla fine dell’anticipo (quando si compiranno 66 anni e 7 mesi di età, soglia per la pensione di vecchiaia) il pensionato dovrà dare i soldi indietro alle banche, con rata mensile e per 20 anni. Le banche offriranno soldi in cambio dei classici interessi e delle spese, indebitando il pensionato che si troverà per 20 anni una pensione decurtata anche del 20%.

L’entità della rata infatti sarà del 4,7% medio rispetto alla pensione netta spettante, ma per anno di anticipo. Per chi sceglierà l’anticipo massimo quindi penalizzazione anche del 15% a cui vanno aggiunti i contributi in meno versati, cioè calcolo della pensione più basso, nonché il coefficiente applicato ai contributi in sede di calcolo della pensione da parte dell’INPS. Infatti, più giovani si va in pensione, minore è l’importo della pensione erogata perché l’INPS conta di erogarla per più tempo.

Opzione donna

Una delle domande più frequenti che le donne si fanno è quale sia la via più conveniente per lasciare il lavoro prima tra APE e opzione donna. La domanda sottintende che entrambe le vie sono penalizzanti in termini di assegno.

Se per l’APE, come spiegato precedentemente, la penalizzazione è relativa al prestito bancario, per opzione donna (ma anche per chi rientra nella quota 97,6 a 64 anni di età), la penalizzazione dipende dal calcolo della pensione. Infatti, a fronte di un'uscita concessa a partire dai 57 anni e 7 mesi di età (per il 2017 sono stati aggiunti 4 mesi per l’adeguamento all’aspettativa di vita) con 35 di contributi, le donne devono accettare il calcolo della pensione con il contributivo. Questo, nonostante parte o gran parte dei contributi versati ricadano nel retributivo o misto, più vantaggiosi. Stime alla mano, il ricalcolo della pensione con il sistema contributivo, significa lasciare tra il 25 ed il 30% della pensione spettante se si continuasse a lavorare fino a scadenza dei requisiti di accesso alla pensione. Significa che una donna con stipendio attuale di 1.400 euro al mese, si troverebbe la pensione di 1.000 euro invece che 1.300 euro circa. Il tutto dopo aver lavorato già una vita.