Il colpo inflitto al Governo dalla vittoria del No al referendum, ha provocato un vero e proprio terremoto. Il Presidente del Consiglio Renzi si è dimesso, le forze di minoranza chiedono il voto subito, l’UDC lascia Alfano e così via. Questo per quanto riguarda gli effetti della consultazione referendaria sulla politica. Purtroppo però anche i cittadini pagheranno qualcosa in termini di normative e provvedimenti che molti speravano mettesse in piedi il Governo. Il referendum è caduto, come spazio temporale, in piena lavorazione della manovra finanziaria.

Oggi infatti, l’agenda del Senato ha come prima voce l’inizio del lavoro sulla Legge di Bilancio ed il fatto che Renzi si sia dimesso accorcerà drasticamente i tempi per la discussione. La conferenza dei Capogruppo del Senato ha confermato che oggi verrà posta la fiducia sulla Legge e pertanto quest’ultima verrà approvata in giornata.

La crisi di Governo blocca gli emendamenti

Dopo i lavori della Camera sugli emendamenti, ossia le proposte di correttivi per i provvedimenti presenti nel Testo fuoriuscito dal Consiglio dei Ministri, ci si attendeva la stessa cosa al Senato. Il dimissionario, ormai ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi è stato incaricato dal Presidente Mattarella di completare i lavori sulla Legge di Bilancio prima di lasciare la carica.

La scadenza di fine anno è arrivata e la Legge di Bilancio deve essere approvata, ecco perché questa impressione di velocità presa al Senato. Oggi pomeriggio, come dicevamo, sulla manovra verrà posta la fiducia e sarà approvata. Ma nessuna discussione la accompagnerà, nessun emendamento o proposta verrà valutata. Il testo, come sottolineato dalla riunione dei Capigruppo, di fatto è bloccato, con buona pace di chi si aspettava qualcosa, come i lavoratori che chiedevano correttivi sull’APE e gli ultimi esodati.

Le novità previdenziali

L’impianto definitivo del pacchetto Pensioni quindi è definito, con l’APE che consentirà di lasciare il lavoro a 63 anni con 20 di contributi a meno che non si è disagiati socialmente, fisicamente o lavorativamente. Per questi ultimi ecco l’APE sociale, una via di mezzo tra una misura previdenziale e assistenziale che non prevede la restituzione del prestito in capo ai pensionati.

Sarà lo Stato a pagare le rate di prestito, comprese spese ed interessi. Disoccupati da 3 mesi a corto di coperture (Naspi e mobilità), disabili o con disabili a carico e lavori gravosi sono i beneficiari dell’APE agevolata.

Queste tipologie di soggetti sono quelli che potrebbero rientrare anche in quota 41, la pensione anticipata per i precoci. Restano invariati i requisiti di disagio e quelli contributivi, con un anno dei 41 necessari, versato prima dei 19 anni di età. Sia per APE social che per Quota 41, saltano le speranze di abbassare il grado di invalidità necessario, dal 74 al 60% così come resta il paletto della continuità lavorativa negli ultimi 6 anni in attività gravose. Nessuna nuova estensione dell’ottava salvaguardia sulla quale resta solo la correzione della Camera che ha spostato la data di accesso alla mobilità al 31 dicembre 2014. Per opzione donna tutto fermo alla possibilità di uscita concessa a chi ha raggiunto i 57 anni e 3 mesi di età entro il 31 luglio 2016, con 35 anni di versamenti raggiunti al 31 dicembre 2015.