Più o meno tutti sappiamo che il dipendente in malattia non si potrebbe licenziare. Ma nella vastità della giurisprudenza italiana, quella che riguarda il mondo del Lavoro è molto chiara. Almeno, a volte. In effetti, lo è e come, quando sancisce l'impossibilità per il datore di lavoro di allontanare un collaborare quando quest'ultimo si trova convalescente e all'interno del periodo massimo consentito. Oppure, se la malattia è stata determinata da un infortunio sul lavoro. Tuttavia, alcune controverse sentenze hanno stabilito che pur non superando i giorni di malattia stabilito da ogni CCNL, l'azienda potrebbe licenziare il dipendente qualora riesca a dimostrare che detta assenza prolungata provochi gravi danni all'organizzazione della stessa.
Periodo di comporto
La legge, i contratti collettivi e gli usi e costumi prevedono che il lavoratore dipendente e l'azienda debbano tenere un determinato comportamento anche per quanto riguarda l'istituto della malattia. Si tratta del cosiddetto “comporto”, il quale stabilisce un tetto massimo di giorni di assenza per malattia. Detto arco temporale è stabilito da un lato in un anno solare cioè, quel periodo di 365 giorni che decorrono a partire dal primo episodio e in forma continuativa. Dall'altro un anno di calendario quindi, un periodo compreso tra il 1º gennaio e il 31 dicembre. La durata del comporto varia a seconda dell'anzianità del soggetto e della mansione. Questo è stabilito in 3 mesi per gli impiegati che non superano i dieci anni di azienda, e in 6 mesi per coloro che superano tale lasso di tempo.
Per gli operai invece, l'arco temporale è soggetto alla contrattazione collettiva di ciascuna categoria.
Licenziamento del dipendente malato
L'azienda potrebbe far valere le sue ragioni anche se il dipendente si trova in malattia e anche all'interno del comporto, quando il malato non si fa trovare presso la residenza segnalata per la guarigione (licenziamento disciplinare).
Ma anche in caso di crisi o riassetto aziendale (motivazione oggettiva), o in caso di superamento del periodo di comporto. In quest'ultimo caso, un avviso scritto e tempestivo da parte del lavoratore, potrebbe fermare l'arco temporale massimo, trasformando alcuni giorni di malattia in ferie da smaltire.