Una delle notizie più belle che può ricevere una donna riguarda quello stato di gravidanza tanto sognato. E come capita di consueto sono tante le emozioni che riempono la testa e il cuore della neo mamma. Mai però, come quella negativa ricevuta da una venticinquenne trevigiana.La donna ha comunicato la dolce attesa ai titolari dell'azienda dove lavora, ma questi la hanno congedata con una risposta secca e alquanto ricattante. -”Dovrai pagarti la sostituta, altrimenti è meglio che ti licenzi”- parole che la giovane ha sentito come una sassata, come un ingiusto colpo basso.
Purtroppo, non è un episodio isolato nella ricca Treviso, e mentre altre mamme hanno ceduto al compromesso, questa sembra avere il giusto coraggio per denunciare l'accaduto.
'Ti diamo uno stipendio, dovresti ringraziare'
Un pensiero aberrante, tipico di altre epoche storiche, che ultimamente sta andando molto di moda con la complicità della crisi. A farne le spese sarebbero le lavoratrici assunte in piccole e piccolissime imprese in netta difficoltà economica, ma che agiscono contrariamente alla legge. Secondo il segretario provinciale della Cgil Nicola Atalmi, il caso esposto dalla neo mamma sarebbe già il terzo in pochi mesi. Precisando, inoltre, che una donna incinta non si può mai licenziare per ingiusta causa.
Neanche quando l'interessata abbia firmato un contratto da apprendista da otto o novecento euro al mese.
'Devolverai in azienda l'assegno dell'Inps'
Secondo la testimonianza fornita dalla giovane trevigiana, uno dei titolari dell'azienda artigiana della Marca le ha suggerito di consegnare il proprio assegno di maternità per coprire le spese della sostituta.
Proprio la goccia che fatto traboccare il vaso, e che ha portato la donna dritto agli uffici del sindacato. Talvolta lo stato di Gravidanza delle lavoratrici non risulta ben visto dal datore di Lavoro per via dei costi della prolungata assenza. Ma in ogni caso l'ampia protezione offerta dalle leggi in vigore proibiscono la sospensione o il licenziamento durante tutto il periodo di gestazione e fino a un anno dal parto. Le uniche eccezioni sarebbero la chiusura dell'azienda, i comportamenti scorretti della mamma e la scadenza di un contratto a tempo determinato.