Ci è ricascato un'altra volta il ministro del Lavoro Giuliano Poletti sulle tematiche giovani e occupazione: dopo gli scivoloni in cui disse che “prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un tubo”, quello in cui si era dichiarato favorevole alla fuga dei cervelli all’estero perché “certe persone è meglio non averle tra i piedi” Il ministro ha avuto l'ennesima uscita infelice. Durante un incontro con gli studenti dell'Istituto Manfredi Tanari di Bologna il ministro ha infatti dichiarato che non serve mandare in giro curriculum, il Lavoro giusto lo si trova giocando a calcetto.

Parole che prese in valore assoluto sono state interpretato come l’ennesimo “schiaffo” a tutti i giovani del nostro paese che dopo anni e anni di studi faticano anche solo a trovare uno stage sottopagato.

‘Mandare curriculum? Meglio giocare a calcetto’

“Il rapporto di lavoro è prima di tutto un rapporto di fiducia. È per questo che lo si trova di più giocando a calcetto che mandano in giro dei curriculum”: queste sono state le parole esatte del ministro che hanno indignato migliaia di giovani e scatenato una furibonda polemica sui social e negli ambienti politici. Nel corso dello stesso incontro il ministro ha poi infierito anche sulla spinosa questione stage, vera croce di chi si affaccia sul mercato del lavoro, che denuncia uno sfruttamento foderato di false speranze che quasi mai si concretizzano.

In molti di quelli che ci sono passati sostengono più o meno le stesse cose: non si impara niente se non a fare le fotocopie, si è relegati a operazioni manuali ripetitive, fino a quando contratto arriva a scadenza ma l’assunzione non arriva mai. Davanti a tali osservazioni il ministro ha commentato che “se vai in un bar ti fanno fare un caffè” ed è comunque è meglio di niente perché “intanto vedi un mondo”.

Un mondo di sfruttamento non retribuito e senza prospettiva alcuna che però il ministro Poletti evidentemente non ha mai vissuto in prima persona.

L’importanza del rapporto fiduciario

L'indignazione che ne è scaturita è stata estesa e compatta, su tutti i fronti e qualcuno ha chiesto anche le dimissioni del ministro (vedi Lega Nord, che per l'occasione ha regalato a Poletti anche un piccolo pallone blu “per non essere un pallone gonfiato davanti agli italiani”).

Davanti a tale sollevazione Poletti ha provato a replicare parlando di strumentalizzazione e, a ben vedere, non ha tutti i torti. Se infatti da un lato è vero che in un clima così drammatico e frustrante per migliaia di giovani costantemente umiliati nella ricerca del lavoro tali parole suonano un po’ come una provocazione, è vero anche che nelle discorso complessivo del ministro (a leggerlo per intero) c'è del vero: da sempre, a prescindere da clientelismo e nepotismo, il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore riveste una importanza tale da superare talvolta anche il merito. Della serie: è meglio dare un lavoro ad una persona conosciuta e fidata, piuttosto che non ad uno sconosciuto dal curriculum brillante.

Come Poletti stesso avrebbe aggiunto poi infatti, egli non ha mai svilito il valore del curriculum e la sua utilità, voleva piuttosto incoraggiare i presenti a coltivare delle relazioni sociali che spesso, piaccia o meno, per trovare lavoro risultano molto più determinanti di un buon curriculum. Resta comunque l’ennesimo scivolone che certo non aiuterà la popolarità di Poletti tra i giovani ma stavolta, forse più delle altre, si è trattato di un ‘errore’ di forma più che di sostanza.