Il Primo Maggio è la festa Internazionale del Lavoro, anche se sempre più spesso il "lavoro" non si trova, specie fra le nuove generazioni.
La tasso di disoccupazione giovanile nei 28 Stati europei si ferma al 17,3%, quello dell’Eurozona è al 19,4%. L’Italia è terzultima a quota 35,2%, segue la Grecia (45,2%) e la Spagna (41,5%) eppure il mercato dell'economia digitale è in crescita evolutiva. Oggi, essa rappresenta circa il 10% del Pil dell’area Ue, e sembra che n poco tempo sarà il 30-40% del Pil dei paesi avanzati. Facebook ha 2 miliardi di utenti, WhatApp e Youtube più di un miliardo di utilizzatori, Twitter, Amazon e Skype sono vicine al numero di abitanti degli Usa e della Ue messi insieme.
È ormai chiaro che stiamo parlando di veri e propri stati “virtuali”. qui si generano flussi molto consistenti, quali stanno rivoluzionando le relazioni industriali, sociali e interpersonali, a sostegno di una crescita straordinariamente evoluta della cosiddetta "Società 2.0".
Nuove tendenze del mercato per una crescita occupazionale dei giovani "Nativi digitali"
Il mondo del lavoro, pertanto è influenzato continuamente sia dai rapidi mutamenti derivanti da Internet 2.0 sia dai comportamenti dei consumatori digitali. Il sistema produttivo è, dunque, vincolato nelle scelte industriali e commerciali dai comportamenti dei consumatori ed è per questo che diventa essenziale avvicinarli con una buona interazione nella rete Internet e comunicare con loro attraverso il supporto di una rete di competenze dotata di nuovi profili professionali.
E' nella rete di competenze che si genera e si differenzia l'offerta delle libere professioni pronte per analizzare il mercato del web con cui definire gruppi distinti di consumatori/potenziali acquirenti, su cui definire strategie di posizionamento nella rete, gestire i flussi di utenza, segmentare azioni di marketing e garantire obiettivi fattibili e business.
Il web rappresenta per questi neo consulenti "nativi digitali" il luogo di luogo lavoro ideale e agile mediante il quale possono innescare interessi, tessere relazioni e generare appeal sfruttando le potenzialità dei flussi sui canali social, più utilizzati dal mercato dell'economia digitale e dell'intelligenza digitale. Questi ultimi sono per il sistema produttivo due dominanti fattori esterni di mercato e stanno contagiando in modo veloce, le grandi imprese, oramai già orientate a collocarsi e a stabilizzarsi nei processi di Industria 4.0.
Tutto è ancora da fare per le piccole medie imprese, le quali necessitano di un forte ringiovanimento, che in misura ridotta è già in atto nelle medie imprese, ma sta diventando veramente urgente per le piccole e le micro imprese, dove vi è ormai consapevolezza sui cambi di rotta dei consumi delle famiglie, che si sono convertivi passando dall'acquisto di prodotti verso quello prevalente di servizi. E' proprio sul consumo di servizi che i colossi del web, da Facebook a YouTube stanno puntando per consolidare il ricorso da parte delle imprese ad un outsourcing dei servizi stessi a società specializzate, a consulenti esterni o a liberi professionisti. E' da qui che nasce l'esigenza per le imprese di creare continuamente nuovi momenti di interconnessione con il cliente, tramite un contatto diretto e interattivo, qual'è può essere ad esempio un evento live dedicato su un social network targhettizzato, oppure un invito in una community interattiva su WhatsApp o su Messenger.
Insomma, oggi il cliente, ovunque si trova, desidera mantenere e aggiornare continuamente la relazione con l'impresa, con il prodotto e con il brand. Non a caso, i maggiori canali social stanno investendo su profili professionali (vedi il sole 24 ore del 6 marzo 2017) che sviluppino la loro capacità di pensare ed acquisire specifiche competenze legate al saper essere, al saper fare e al saper progettare, all'interno di nuovi profili professionali. Se ne citano alcuni: digital marketing manager, product marketing manager, product content strategist, media strategist, web developer manager, ed altri.
Di contro e parallelamente, i produttori di servizi, soprattutto quelli che sono collegati in rete attraverso formule, come ad esempio il franchising richiedono profili con competenze più specifiche del saper fare velocemente, dove le competenze del saper essere e le conoscenze del sapere passano in secondo piano, seppur debbono esserci.
Emergono tra i maggiori utilizzatori del web marketing le aziende di ristorazione, di abbigliamento e di casalinghi, le quali richiedono profili emergenti come quelli di: assistant manager, store manager e addetti alle vendite (come riportato da Lavoro & carriere, iI sole 24 ore del 30 gennaio u.s.).
Prima di aprire una riflessione sul tema della spendibilità delle competenze, è il caso di valutare e mettere a confronto la controtendenza da parte dei giovani, a sostenere esami per lo svolgimento delle libere professioni normate, ove si denotano cali consistenti di architetti, di dottori commercialisti, di notai e di chimici. In tal senso, l'orientamento dei giovani sta andando verso il lavoro agile che ne deriva dai comportamenti, dalle abitudini e dalle relazioni che si generano nella società 2.0.
Essi si dirigono verso l'acquisizione di nuove competenze di èlites del sapere per inserirsi ed essere competitivi come liberi consulenti professionisti dell'era dell'economia tecnologica (come riportato anche dal Sole 24 ore del 6 marzo u.s.), dove sono richieste high skill professionals. Spesso la fuga dei nostri giovani è dovuta all'assenza di una regolazione delle libere professioni che in Italia non risponde alle attuali esigenze del mercato del lavoro. Il loro esodo è prodotto, altresì, dalla mancanza di una cultura all'innovazione da parte del tessuto produttivo italiano.
Il mercato del lavoro cerca competenze, creatività ed intraprendenza.
Il mercato del lavoro ci porta, dunque, a riflettere su quali competenze e a quali livelli di qualificazione occorre intervenire, per garantire ai giovani una formazione attraente, coerente ed adeguata.
Ed è proprio per questo che le iniziali motivazioni dei giovani debbono nascere dal confronto tra le aspettative individuali nell'interfaccia con i reali fabbisogni del sistema produttivo. Pertanto, l'essere nativi digitali comporta una nuova visione della libera professione, dove gli elementi centrali per lo sviluppo di competenze spendibili e riconoscibili dal sistema produttivo, possiamo focalizzarli in queste due filiere:
- la filiera della creatività nella commisurata capacità di utilizzo pieno delle tecnologie digitali per coloro che, dopo la Scuola, vogliono intraprendere percorsi con competenze spendibili in sesto livello EQF [European Qualifications Framework] presso le università, †in quinto livello EQF presso gli istituti tecnici superiori;
- la filiera dell'intraprendenza nella commisurata predisposizione all'uso corrente delle ICT [Information and Communication Technologies] per coloro che, mentre studiano, vogliono intraprendere percorsi di qualifica per acquisire nuove competenze spendibili e riconosciute al quarto livello EQF.
Nella prima filiera della creatività si concentrano i cosiddetti brain power, quei giovani che sfruttano le proprie capacità mentali e intellettive per raggiungere elevati obiettivi professionali e che non si pongono il problema del posto di lavoro fisso, anzi cercano nella libera professione la posizione ideale per esprimersi professionalmente.
Nella seconda filiera dell'intraprendenza convergono i cosiddetti smart worker, quei giovani che si mettono in gioco con le proprie capacità intuitive e artistiche per raggiungere nobili obiettivi professionali e che non si pongono il problema della postazione di lavoro, bensì cercano nel lavoro agile il modo ideale per operare professionalmente.
In tal senso, il lavoro dipendente, già da tempo, sta perdendo il suo appeal sui giovani, vuoi perché le imprese non riescono a sostenere economicamente i processi di cambiamento che Industria 4.0 sta spingendo, vuoi perché il tessuto produttivo europeo è rappresentato da piccole e medie imprese, le quali debbono competere con un mercato globale, influenzato dal potere industriale delle grandi aziende e dei colossi industriali americani, cinesi, giapponesi.
In questo scenario, che può apparire irreparabile, il tessuto produttivo italiano sta rispondendo gradualmente con forme di ringiovanimento aziendale e interventi di ricambio generazionale ed è per questo che stanno nascendo nuove forme di collaborazione, di incontro e di condivisone tra impresa e lavoratore, tra cui il lavoro agile e le libere professioni. Entrambe le soluzioni, di fatto, riescono a soddisfare le nuove esigenze del sistema produttivo, dove i costi generali, ed in particolare i costi dei dipendenti stanno assumendo sempre più le sembianze dei costi variabili ed è per questo che, a fronte di una crisi del lavoro e della competitività aziendale, il lavoro flessibile o l'esternalizzazione delle collaborazioni possono essere le nuove frontiere per l'occupazione delle nuove generazioni di lavoratori. E' cambiata, quindi, la cultura del lavoro, la quale non è più interconnessa alle ore di lavoro ma all'ottimizzazione del tempo lavoro in funzione degli obiettivi assegnati, perseguiti e raggiunti.