In data 07 agosto 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge fortemente voluto dall’intera categoria forense costretta fino a ieri a piegarsi alle direttive dei cd. clienti forti ovvero delle grosse società che impongono ormai da anni le condizioni contrattuali relative agli incarichi conferiti ai loro legali “di fiducia”. Lo scopo è di rendere nulle le clausole che comportano un evidente squilibrio economico tra le parti (avvocati e società bancarie ed assicurative) determinate dalle classiche convenzioni che stabiliscono compensi non equi per i professionisti (avvocati).
E’ auspicabile che il ddl venga poi approvato alle camere affinché possa divenire legge e non vedere vanificato lo sforzo ed il risultato raggiunto.
Le convenzioni con i clienti forti
Le convenzioni stipulate fino a ieri tra le grandi società e gli avvocati erano caratterizzate da un compenso estremamente iniquo ovvero di gran lunga inferiore ai parametri tariffari di riferimento. D’altro canto l’avvocato è solito accettare le condizioni della convenzione in considerazione della estrema crisi che sta vivendo l’intera categoria, trovandosi poi a dover far fronte a centinaia di incarichi per pochi spiccioli. Si è assistito quindi ad una crescente offerta al ribasso a discapito degli stessi avvocati costretti a svendersi per accaparrarsi nuovo lavoro, a dispetto della qualità della prestazione, trattasi per lo più di attività di carattere seriale in materia bancaria ed assicurativa.
Le novità del decreto
Pur non potendo ritornare alle vecchie tariffe forensi, si è cercato di inibire l’abuso della posizione contrattuale da parte dei clienti forti. E’ stata creata la definizione di equo compenso e sono state sanzionate le clausole considerate vessatorie che, fino a ieri, sono state inserite automaticamente nelle convenzioni con gli avvocati.
E’ considerato “equo” il compenso che sia proporzionato rispetto alla qualità e quantità dell’attività svolta dall’avvocato in rapporto ai parametri di cui al decreto ministeriale del 2014. Si è cercato di restituire valore alla qualità della prestazione ed alla dignità della professione forense. Come affermato testualmente da ministro Orlando: “si chiude l'idea che il mercato di per sé risolva tutti i problemi e che l'offerta professionale possa essere riconducibile a qualunque altro tipo di servizi”, prosegue il ministro “soprattutto in un ambito in cui si determinano diritti di carattere fondamentale - ha proseguito Orlando - è un tema che non può essere risolto soltanto in una logica mercatista e liberista”.
In effetti negli ultimi anni si è assistito ad una crescente concorrenza al ribasso tra gli avvocati, una vera guerra nel ceto medio.
La nullità automatica delle clausole vessatorie
Le clausole che non rispettano i requisiti di proporzionalità tra prestazione e compenso sono considerate nulle in considerazione dello squilibrio tra cliente e professionista. Trattasi di nullità parziale che involge solo la singola clausola e non l’intero contratto (convezione) nel quale la clausola è inserita. Il giudice avrà il potere di disapplicare la clausola nulla e di applicare automaticamente i parametri forensi per determinare il giusto compenso in base ai parametri tariffari.
Le clausole vessatorie
L’articolo 2 definisce vessatorie tutte le clausole che determinano un significativo squilibrio a discapito dell’avvocato.
Lo stesso articolo stabilisce uno specifico elenco di clausole che si considerano vessatorie (e pertanto nulle) in assenza di specifica trattativa, altre invece che sono nulle a prescindere dalla trattativa (lett. a) e c). In particolare sono considerate sempre nulle (a prescindere dalla eventuale trattativa) le clausole che attribuiscono al cliente forte la facoltà di modificare in via unilaterale le condizioni di contratto (lett. a) e o di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito (lett. c). Invece alle altre lettere (b,d,e,f,g, h) sono indicate le clausole che sono considerate nulle in assenza di una specifica trattativa tra l’avvocato ed il cliente forte.
Il disegno è indubbiamente un enorme passo in avanti per l’avvocatura, è d’obbligo sperare che i lavori in parlamento non saranno ostacolati dal “potere economico”.
Infine, sarebbe opportuno che tale nuova disciplina (se approvata) si applicasse anche agli incarichi conferiti dal P.A. agli avvocati, ove spesso le condizioni mortificano e sviliscono ancor di più la professione. Per restare aggiornato sulle novità di diritto, economia e lavoro premi il tasto Segui accanto al nome dell'autore dell'articolo.