In un'Italia in cui le recenti riforme pensionistiche hanno innalzato l'età di ritiro dal lavoro per tutti, per motivazioni di tipo economico, e diversi gruppi e movimenti politici contestano l'allungamento della vita lavorativa, sia in termini generali che con specifico riferimento ai lavoratori adibiti alle mansioni ritenute più faticose, i ferrovieri ritornano a parlare del proprio caso.
Il fatto: 36 macchinisti morti negli ultimi tre anni
E' la rivista storica dei macchinisti, “Ancora In Marcia!”, a denunciare un tragico evento. Parlare di un collega morto di tumore a 62 anni è già di per se un fatto triste, ma quando l'episodio in questione non costituisce un caso isolato, bensì l'ennesimo di una lunga fila, ebbene è più che lecito lanciare un segnale d'allarme.
Nel conteggio tenuto dalla rivista, si tratta del trentaseiesimo conducente di mezzi di trazione scomparso negli ultimi tre anni, quasi tutti per malattie di cuore o tumori. Nell'elenco sono compresi lavoratori ancora in servizio oppure da poco pensionati, ma tutti con un'età massima di 62 anni.
Le cause di questa tragica scia, secondo la rivista, sono le pesanti condizioni di lavoro, caratterizzate da turni irregolari, lavoro notturno e isolamento. A queste si aggiunge l'innalzamento dell'età di pensione, che prima delle citate riforme era di 58 anni, mentre ora è stata elevata a 67 anni. Questo nonostante l'aspettativa di vita dei macchinisti sia stata valutata essere di 64,5 anni.
La vertenza pensioni per macchinisti, capitreno e manovratori
L'intento di “Ancora In Marcia!” è quello di portare avanti la sensibilizzazione delle forze politiche e dell'opinione pubblica su questa discrepanza pensionistica, a favore di quelle categorie che prima godevano dell'uscita a 58 anni, cioè macchinisti, capitreno e manovratori, ossia quelli, tra i turnisti, che hanno i turni più faticosi.
Una lista purtroppo incompleta
Dopo avere diffuso il comunicato relativo al collega deceduto, la rivista ha poi ricevuto molte segnalazioni di altri ferrovieri scomparsi di recente, non menzionati nel tragico elenco, in particolare da parte di familiari o di colleghi che lavoravano nel medesimo impianto. Questo è una conferma del fatto che il problema c'è, ed è opportuno che chi di dovere lo affrontasse, ma è anche una testimonianza di solidarietà tra lavoratori e di voglia di non dimenticare chi, purtroppo, non c'è più.
Auspichiamo quindi una rapida evoluzione positiva della situazione, perché, se il lavoro nobilita l'uomo, non è giusto che lo uccida.