L’Istat ha confermato come la vita media degli italiani sia in aumento. Una tendenza che è tornata a salire dopo la diminuzione del 2015 confermata sempre dall’Istituto Nazionale di Statistica. Mai come quest’anno, il dato dell’Istat era molto atteso, perché particolarmente rilevante in materia previdenziale. Infatti, come ormai tutti sanno, l’aumento dell’aspettativa di vita finirà con il portare a 67 anni l’età minima per l’accesso alla pensione di vecchiaia. L’aumento non può essere disinnescato, nonostante gli sforzi di sindacati, forze politiche bipartisan e lavoratori.

Le proposte che mirano ad evitare l’inasprimento sono molteplici, ma da analisi tecniche sembra che l’aumento previsto è necessario per la sostenibilità del sistema pensionistico. L’aumento era previsto dalla riforma Fornero e adesso va solo messo in atto tramite un decreto del Consiglio dei Ministri. Proprio la data di fuoriuscita dell’atto esecutivo dell’inasprimento è la novità più importante che proviene da indiscrezioni del Governo. L’ipotesi di posticiparla all’anno venturo, dopo le elezioni politiche ormai prossime, sembra sia stata accantonata. Ma ci sono anche parziali correttivi a quella che rappresenta una delle più temute novità previdenziali dei prossimi anni.

Tutto confermato per il 2019

Presto quindi il Governo potrebbe uscire con il temuto decreto che sposterà ancora più in la nel tempo l’uscita dal lavoro per molti italiani. Dal 2019 sia per donne che per uomini, la pensione di vecchiaia si centrerà con 67 anni di età e 20 di contributi. Si tratta di un aumento di 5 mesi che la conferma dei dati Istat sulla stima di vita, rendono obbligatorio.

Pericolo scampato per le casse dello Stato, almeno per quanto riguarda la Ragioneria di Stato, Banca d’Italia e Corte dei Conti che sono coloro che hanno ribadito la necessità di non andare a bloccare una norma necessaria affinché l’Inps continui a pagare gli assegni previdenziali. Molti iniziano a storcere il naso, il presidente della Commissione Lavoro della Camera in prima fila.

Secondo Cesare Damiano infatti bisognava prendere un po’ di tempo prima di mettere in pratica l’inevitabile decisione, perché statistiche alla mano, l’Italia è tra i paesi membri della Ue dove si va in pensione più tardi anche senza l’ennesimo inasprimento. Anche i sindacati sono sulla stessa linea, cioè sulla pericolosità del provvedimento, anche se per loro ci sarebbero soluzioni alternative che non prevedrebbero per forza di cose il blocco dell’aumento. Va ricordato che le parti sociali sono state convocate dal Premier Gentiloni proprio per vedere di risolvere le questioni previdenziali al tavolo della discussione, tra le quali proprio questa aspettativa di vita.

Una parziale soluzione esiste

Numerosi sono stati i tavoli tra Governo e sindacati in materia previdenziale e come dicevamo, non sono ancora finiti. La Legge di Bilancio ormai uscita ed in lavorazione al Parlamento, non ha riservato nulla di buono per le Pensioni, perché gran parte dei fondi stanziati (20 miliardi) sono stati spesi per detonare il paventato aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. Resta da vedere di fare quel poco che le scarse risorse consentirebbero. Per l’aspettativa di vita prende corpo una proposta dei sindacati, che potremmo definire il piano B. In pratica, non essendo possibile annullare l’aumento a 67 anni, si potrebbe dare ascolto alle parti sociali che hanno chiesto di distinguere i lavoratori in base alle mansioni di fronte all’aspettativa di vita.

Una proposta che appare equa, perché è inevitabile pensare che la vita media di un italiano, che l’Istat considera nella globalità dei cittadini, sia diversa in base alla pesantezza del lavoro. Come riporta il quotidiano "il Corriere della Sera" versione on line del 29 ottobre, esiste un piano per bloccare l’aumento solo ai lavoratori alle prese con i cosiddetti lavori gravosi. L’ipotesi sarebbe di ripresentare le 11 categorie di lavori gravosi che la scorsa Legge di Stabilità ha creato per l’Ape sociale e quota 41. Dentro dunque le maestre di asilo, gli infermieri delle sale operatorie o sale parto, camionisti e macchinisti dei treni, facchini, operai del settore pulizia, edili, addetti alla conciatura delle pelli, badanti e simili oppure addetti alla raccolta dei rifiuti. Per costoro, che ripetiamo, sono anche i possibili beneficiari di quota 41 o Ape social, la pensione di vecchiaia resterebbe a 66 anni e 7 mesi, senza aumento.