È bufera sul colosso americano delle vendite amazon, per via della scelta di collocare addosso ai dipendenti un braccialetto in grado di monitorare le loro attività, connesso con gli archivi e che assicuri tempi di spedizione più veloci. Da più parti si sono alzate voci di protesta contro questa pratica in via di sperimentazione che Amazon assicura essere finalizzata a migliorare la produttività dei lavoratori. Ma nel periodo incandescente della campagna elettorale la vicenda assume presto una connotazione politica, tra detrattori e difensori.

Il jobs act

Il grande imputato finito sotto i riflettori è il Jobs Act, che nel testo del 2015 prevede disposizioni che regolano l’utilizzo di dispositivi sui dipendenti al fine di raccogliere dati connessi anche con il rapporto di lavoro. In breve, la normativa permetterebbe una forma di controllo delle mansioni messe in atto dal lavoratore allo scopo di monitorare la produttività e il processo lavorativo, coerenti con l’attività produttiva dell’azienda e nel rispetto della privacy. Il nuovo testo dello Statuto dei lavoratori, in realtà, soprattutto per ciò che concerne l’art.4, vieta il controllo dell’attività lavorativa svolta dal singolo lavoratore e contro la sua riservatezza. Inoltre, l’uso di tali strumenti deve essere concordato con i sindacati o previo accordo collettivo aziendale secondo precise ragioni, dettagliate al nuovo comma 1 dell’art.4 dello Statuto.

“Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali.” (art.

23 del D.lgs. 15 settembre 2015 n. 151)

Le reazioni

Nonostante l’utilizzo di queste strumentazioni sia già da qualche tempo usato da diverse aziende italiane, il “caso Amazon” ha infiammato la campagna elettorale. Ognuna delle parti ha cercato di sfruttare la vicenda per guadagnare visibilità e credibilità agli occhi dei cittadini, ponendosi nella maggior parte dei casi in difesa dei lavoratori.

Di Maio, candidato Premier del MoVimento 5 stelle ha sottolineato come sia stato proprio il governo di Centrosinistra con l’attuazione del Jobs act a svendere i diritti dei lavoratori, cogliendo l’occasione per attaccare il PD. La Lega di Matteo Salvini, punta il dito sull’Europa e sulla mancanza di regole chiare a livello comunitario che impediscano alle multinazionali di raggirare il sistema fiscale dei singoli paesi e le loro norme in materia di diritto dei lavoratori. Da parte sua LeU si affida alle reazioni di Pietro Grasso e Laura Boldrini, il primo definisce la questione come “un brutto film di fantascienza”, mentre la seconda parla di “modalità degradante e offensiva per la dignità dei lavoratori”.

Hanno affrontato il problema anche il Ministro dello sviluppo economico Calenda, che ha chiarito l’impossibilità di utilizzare simili braccialetti ad una delegazione Amazon, e Giuliano Poletti, il quale ha ribadito la presenza in Italia di una regolamentazione in materia circa l’utilizzo di dispositivi elettronici e della loro applicazione nel rispetto della legge.

Amazon e le elezioni politiche

Amazon viene tirata nuovamente in ballo dopo la vicenda del “Black friday” 2017 e ancora una volta il tema del lavoro e dello sfruttamento investono la politica italiana, questa volta nel delicato periodo delle elezioni. L’azienda si è difesa parlando di “speculazioni fuorvianti” e descrivendo la reale finalità della sperimentazione.

In una campagna elettorale centrata soprattutto sui temi fiscali e di tassazione, la questione del lavoro entra in scena, con le varie parti politiche pronte a prendere le difese dei lavoratori nel tentativo di farsi portavoce dei loro interessi, nonostante nessuno dei principali schieramenti abbia davvero messo in risalto iniziative significative su questo fronte, almeno fino ad oggi.