Gianluca Cocco, amministratore delegato di Foodora Italy, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera nella quale ha espresso forti perplessità sui contenuti del cosiddetto decreto dignità. Nodo della questione sarebbe la volontà di qualificare come subordinato il lavoro dei cosiddetti "gig worker" (i lavoratori precari temporanei tra i quali rientrano i fattorini che consegnano cibo a domicilio), con un aggravio degli oneri amministrativi e fiscali tale da mettere in discussione la permanenza in Italia delle aziende del food delivery.

Per quanto animato da buone intenzioni, il provvedimento potrebbe avere effetti non considerati dai suoi estensori e finire per danneggiare proprio i lavoratori che intende tutelare, di fatto si tornerebbe allo scenario antecedente l'introduzione dei voucher e del jobs act: un sistema nel quale questa tipologia di lavoratori poteva scegliere solo tra un lavoro in nero e nessun lavoro, con l’aggravante di avere stroncato sul nascere un segmento di attività economica che già oggi vale 450 milioni e contribuisce alla sopravvivenza di molti ristoranti.

Sviluppo e crescita della gig economy

Con il termine di "gig workers", mutuato dal gergo musicale del jazz nel quale indica gli ingaggi temporanei per una sola serata, vengono qualificati i lavoratori che operano “a chiamata” mediante piattaforme web o applicazioni per smartphone. Un esempio tipico è costituito dai rider, i fattorini che consegnano in bicicletta le ordinazioni di cibo effettuate mediante applicazioni come Foodora, Glovo, Deliveroo e Just Eat.

L’economia dei lavoretti, che oggi si qualifica come gig economy, è sempre esistita e, prima dell’introduzione dei voucher lavoro (la cui normativa è stata modificata lo scorso anno) e del jobs act, operava per lo più al di fuori della legalità, poiché gli oneri amministrativi e fiscali di un contratto di lavoro subordinato non erano compatibili con le esigenze di flessibilità connesse a questo tipo di attività.

L'effetto boomerang indesiderato

Nell'intervista al Corsera, Gianluca Cocco ha dichiarato che se le anticipazioni sul decreto dovessero realmente tradursi in pratica, la sua società potrebbe lasciare il mercato italiano, diventato improvvisamente antieconomico. A supporto della propria posizione il manager ha evidenziato come circa metà dei rider impiegati per la consegna dei prodotti siano studenti che cercano di guadagnare qualcosa, per il 25% si tratta in ogni caso di una seconda attività e per un ulteriore 10% solo di una transizione temporanea.

Con tutti i limiti del caso, oggi i rider hanno la possibilità di scegliere se accettare legalmente incarichi che, se pure con basse retribuzioni e tutele limitate, consentono loro di integrare i guadagni o di sostenersi durante gli studi. Se le riforme ipotizzate dal ministro Di Maio dovessero concretizzarsi, molte imprese come Foodora potrebbero non trovare più conveniente operare in Italia.

In questo modo, un provvedimento concepito per incrementare le tutele nei confronti di una categoria di lavoratori tradizionalmente ritenuta debole, potrebbe avere l’effetto paradossale di penalizzare proprio i lavoratori che intendeva favorire.