Quota 100 per tutti è rimasto solo uno slogan da campagna elettorale perché qualsiasi idea di riforma delle Pensioni si scontra sempre con la dura realtà dei fatti e delle coperture finanziarie da trovare. La quota 100 che Salvini vorrebbe subito attiva ad inizio 2019, dovrebbe prevedere un limite minimo di età per essere richiesta e qualche altro vincolo o paletto che ne riduca i costi per lo Stato. Anche quota 41 che dovrebbe essere varata per gli anni successivi, dovrà necessariamente avere delle limitazioni da inserire sull’altare della spesa pubblica.

I dati dell’Inps, quelli che Boeri ha illustrato in audizione alla Camera nella consueta relazione annuale, confermano la difficile sostenibilità dell’operazione riformatrice che ha in mente il Governo Conte. E iniziano a spuntare proposte, idee e suggerimenti per correggere le misure e renderle fattibili.

Anzianità a 42 anni

Quattro miliardi subito ed 8 a regime per quota 100 e se si aggiunge anche quota 41, si passa ad 11 e 18 miliardi. Questo il costo stimato dall’Inps per quanto riguarda le due misure che il nuovo Governo vorrebbe attuare. Cifre molto alte e ben distanti dai 5 miliardi che Lega e Movimento 5 Stelle asserivano fossero quelli necessari per la riforma. Per racimolare quanti più soldi possibili, l'Intenzione dell'Esecutivo adesso, sembra quella di penalizzare i pensionati di oggi per finanziare le misure previste per il tanto sbandierato superamento della riforma Fornero.

Il Giornale con un articolo di oggi 10 luglio riporta una nuova idea di Brambilla, candidato alla presidenza dell'Inps nonchè tecnico che cura i programmi pensionistici della Lega. Si andrebbe a mettere una tassa dello 0,35% su tutte le pensioni in essere per finanziare le nuove misure e quindi la riforma. Anche il quotidiano Italia Oggi conferma questo problema di sostenibilità della riforma, suggerendo un ritocco a quota 41.

Questa misura dovrebbe andare a sostituire la pensione di anzianità, o pensione anticipata come si chiama oggi. Quota 41 dovrebbe essere aperta a tutti i lavoratori che completano 41 anni di lavoro coperto da contributi (massimo 2 anni di figurativi). La misura andrebbe a sostituire la pensione anticipata, cioè la pensione distaccata da limiti anagrafici oggi vigente.

Per gli uomini si tratterebbe di un anticipo di quasi 3 anni, perché la soglia per la pensione anticipata nel 2019 sarà di 43 anni e 3 mesi. Per le lavoratrici invece, un anno di anticipo in quanto la pensione anticipata si centrerà da gennaio con 42 anni e 3 mesi di lavoro.

Per il quotidiano, portare la quota 41 a diventare quota 42, cioè aumentare di un anno la soglia di contributi necessari potrebbe portare ad un deciso taglio di spesa, rendendo più fattibile la misura stessa. Tra l’altro, sempre secondo l’articolo, la quota 42 si inserirebbe giusto a metà tra quanto chiedono da anni i precoci e la prossima soglia di uscita per la pensione di anzianità che per via dell’aspettativa di vita nel 2019 salirà a 43 anni e 3 mesi.

Da Damiano alla Meloni

Numerose sono le proposte in materia previdenziale che vanno registrate in queste frenetiche giornate. Il PD qualche giorno fa con Damiano e Orlando, entrambi ex Ministri, ha suggerito al Governo di correggere il tiro su quota 100 e Ape. Tra le altre cose rivendicano il fatto di essere stati i primi a parlare di quota 100 nell’ormai datato e famoso Ddl 857 di Damiano. Si suggerisce al Governo di prorogare l’Ape, sia nella versione social che volontaria e di portare l'età minima di quota 100 a 63 anni. Sull’Ape però, ad oggi, non traspare nessuna volontà di prorogarla oltre la scadenza della sperimentazione prevista per il 31 dicembre.

Senza l’Ape che prevede 63 anni di età come soglia minima per l’uscita dal lavoro e senza il correttivo su quota 100, quest’ultima rischia di penalizzare molti lavoratori.

Dalla Lega glissano e cercano soluzioni che riducano la spesa da sostenere per la riforma. Dalle indiscrezioni trapelate, l’idea sarebbe il rispolverare il super bonus per chi resta al lavoro, come fu avviato anni addietro da Maroni in un Governo Berlusconi. Come funzionerebbe il super bonus? Verrebbe erogato in più un buon 30% di stipendio a chi resta al lavoro nonostante abbia raggiunto la quota 100, cioè abbia già 64 anni di età e 36 di contributi piuttosto che 65 e 35. Il 30% sarebbe il corrispettivo esatto dei contributi previdenziali dovuti per il lavoratore. Un bonus che mira a contenere il numero di persone che chiederanno l’accesso alla pensione in regime di quota 100.

Infine va registrata una particolare proposta dei Fratelli d’Italia, il partito della Meloni. Nel progetto di uguaglianza di genere, FDI propone di allargare anche agli uomini la pensione anticipata a 58 anni e 35 di contributi prevista da opzione donna.